Vicenda di Sara e Irene, Rabuffi: “Piacenza città amica dei bambini?”

Riceviamo e pubblichiamo la nota di Luigi Rabuffi, consigliere comunale di Piacenza In Comune.

Radio Sound

Ieri pomeriggio si è tenuta la conferenza stampa, di autodenuncia, di Sara, mamma Arcobaleno che ha fatto della battaglia per i diritti civili il suo scopo di vita.
Sara aveva sperato, come tutti noi, di trovare nel Comune di Piacenza e negli amministratori della nostra città quella sensibilità e quella disponibilità che in altri Comuni sono state trovate. E lo sperava per offrire, non a Lei ma ai suoi figli, la piena dignità e la considerazione che ogni essere umano, specie se bambino, dovrebbe avere in dote dalla comunità cui appartiene. Invece, è andata diversamente. Ed è incredibile, se si pensa che dal 2004 la città di Piacenza espone con fierezza e vanto il simbolo di UNICEF accanto ai propri cartelli stradali che annunciano l’ingresso in città. Ancora più incredibile ricordando le bellissime parole del compianto avvocato Giovanni Cuminetti pronunciate nell’apporre la targa: “I cittadini potranno da oggi prendere coscienza che Piacenza è una città speciale. Abitata da persone che sanno fare grandi cose per i bambini”. Evidentemente, in questi 14 anni, le cose sono cambiate. Succede, infatti, che una coppia di persone unite civilmente, che hanno una relazione consolidata da anni, che hanno uno splendido bambino di tre anni, decida di avere il secondo figlio. La vita concede loro una bellissima bambina e succede che queste persone, residenti a Piacenza, si rechino in Comune per la registrazione della nascita della piccola.

Succede che questa piccolina sia nata grazie al ricorso alla fecondazione assistita. Succede che alla mamma venga detto che non può registrare la bambina. Tutto questo succede perché questa piccolina, così come il suo fratellino, ha due mamme. O meglio: per la Spagna, che ha richiesto il consenso a procedere con il protocollo di fecondazione medicalmente assistita ad entrambe le partner, la bambina ha due mamme. Per lo Stato italiano, no.  O, più precisamente, PER IL COMUNE DI PIACENZA, NO. E ha rischiato di non averne nemmeno una.

Quando la mamma biologica si è recata all’Ufficio anagrafe per registrare la nascita della bambina, si è sentita rispondere che – lungi dal poter dichiarare il nome dell’altro genitore – non poteva nemmeno dichiarare che la figlia fosse nata da fecondazione eterologa. Avrebbe dovuto dichiarare che la bimba è nata in seguito ad una “UNIONE NATURALE” con un uomo. Diversamente la bambina sarebbe stata registrata con un atto di nascita d’ufficio, quindi con un nome e cognome estranei a quelli “della partoriente”, cui sarebbe seguita una segnalazione al Tribunale per i Minori, poiché la piccola sarebbe risultata priva di genitori. Di fronte al rischio, la mamma ha deciso di chinare il capo e di dichiarare il falso: la sua piccolina risulta, così, “figlia di un’unione naturale con un uomo”.

La burocrazia piacentina, sostenuta dal vento dell’ipocrisia, decide così di dare un colpo di spugna alla storia di una famiglia; alla presa di consapevole responsabilità che il percorso di fecondazione assistita all’estero porta con sé; alla “mamma sociale”, la persona che ha, insieme alla partner, sognato questa figlia. E che, quotidianamente, la educa e la mantiene. Viene spazzata via una parte della famiglia di questa bambina: due nonni, gli zii e zie, i cuginetti: tutti loro, sui documenti, non esistono. La “mamma sociale”, la “famiglia sociale”: tutti loro vengono sostituiti da “unione naturale con un uomo”.
E’ forse questo il modo con cui Piacenza si propone di essere “CITTÀ A SOSTEGNO DEI BAMBINI”? Sottoponendoli, sin dalla “nascita civica” (la registrazione anagrafica, il momento in cui si diviene cittadini) ad una discriminazione amministrativa? Facendo in modo che a questi minori venga sottratta parte della famiglia?

Ed è forse in questo modo che si sostiene la dignità delle madri? Costringendole di fatto a mentire sul modo in cui hanno dato la vita?
Per fortuna, succede che questa mamma sia estremamente coraggiosa.

Succede che, ora, finalmente, è sposata con la donna che ama e succede che IN TANTE CITTÀ ITALIANE, COME BOLOGNA, MILANO, ROMA, CREMA, PRATO, TORINO E MOLTE ALTRE, LE COSE VADANO DIVERSAMENTE DA PIACENZA e che i bambini nati da genitori che si amano hanno il diritto di venire al mondo come cittadini senza discriminazioni.

Succede che questa mamma decida di battersi, di esporsi in prima persona, di rischiare per cambiare le cose, affinché a tutti i bambini ed alle loro storie venga data UGUALE DIGNITÀ.

Succede che una parte della città stia con questa mamma, con la sua famiglia, e la sostenga nella battaglia di civiltà che queste donne tenaci hanno deciso di intraprendere.

Perchè fortunatamente siamo ancora tanti, qui a Piacenza, a sostenere con grande e sincera convinzione l’interesse dei minori; a sostenere l’idea che uno Stato di diritto abbia soprattutto dei doveri nei confronti dei propri cittadini; a sostenere che – a quanto pare – l’Articolo numero tre della Costituzione Italiana sia ancora in vigore: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Tutti, dice la Costituzione ! A iniziare dai nostri bambini. Cittadini di oggi e di domani. Presente e futuro della nostra Comunità.
Per loro e per i loro diritti, per contrastare il vento di oscurantismo, divisionismo e pregiudizio che spira oggi a Piacenza, NOI SIAMO CON SARA, IRENE ED I LORO BAMBINI. FORZA SARA, FORZA IRENE: “PIACENZA IN COMUNE” C’È !