Studenti del Gioia assistono al processo Aemilia: “Increduli, ci ha aperto gli occhi”

“Siamo la classe V linguistico D del Liceo “Gioia”. Il 16 maggio abbiamo partecipato come spettatori al processo “Aemilia”,che riguarda le infiltrazioni di ‘Ndrangheta nella nostra regione. Ci hanno molto colpiti il numero degli imputati (147), che ha reso necessaria la costruzione di un’aula bunker presso il Tribunale di Reggio Emilia, la gravità delle accuse, l’atteggiamento a nostro avviso sprezzante di alcuni imputati. Ascoltare i Pubblici Ministeri smascherare le contraddizioni degli imputati, essere a conoscenza attraverso le intercettazioni dei pesantissimi condizionamenti mafiosi sull’economia anche al Nord, sentire che tra i luoghi coinvolti ve ne sono diversi in provincia di Piacenza ci hanno lasciati increduli e, in un certo senso, aperto gli occhi”.

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“Per noi si trattava della conclusione di un percorso d’approfondimento svolto in classe in questo anno scolastico in Storia e Religione con i preziosi contributi dell’associazione “Libera”. Durante questo percorso ci siamo resi conto di quanto la realtà della criminalità organizzata sia radicata anche al Nord e non solo nel Meridione, come spesso appare nell’immaginario comune. Della ‘Ndrangheta a Piacenza non ne sapevamo nulla, nonostante fosse già il secondo processo per mafia che coinvolge l’Emilia e la nostra provincia; il primo si è concluso con condanne molto pesanti. Come noi, tantissimi piacentini non ci sembrano informati sull’argomento e, di conseguenza, non ci sembra emerga nell’opinione pubblica un allarme per tali problemi. Abbiamo saputo che alcune testate giornalistiche di altre province emiliane (oltre ad alcuni giornali a tiratura nazionale) riservano uno spazio per aggiornare i cittadini sugli sviluppi del processo Aemilia e, più in generale, sull’emergente fenomeno delle infiltrazioni mafiose al Nord (e nel Piacentino)”.

“Vogliamo essere cittadini consapevoli, desiderio che abbiamo maturato durante il nostro percorso liceale. Per questo vi chiediamo di riservare uno spazio d’informazione a questo evento e a queste tematiche, per promuovere nella cittadinanza la conoscenza del problema, della sua gravità e della sua urgenza. Il senso civico infatti passa, necessariamente, attraverso la legalità e fondamentale è il diritto all’informazione su una realtà più vicina di quanto si possa pensare. Infatti, pare che le indagini del processo “Aemilia” siano partite proprio dalla provincia di Piacenza. Nel Tribunale di Reggio Emilia, gli imputati hanno chiesto di svolgere le sedute a porte chiuse, probabilmente infastiditi dalla presenza dell’opinione pubblica e dall’attenzione posta nei confronti di una questione che prospera grazie al silenzio dell’indifferenza e della paura. Siamo consapevoli dell’importanza della nostra partecipazione, confermata da una frase che ci è stata rivolta – in stretto dialetto calabrese – all’uscita: «È una vergogna portare dei ragazzi a questo processo». Auspichiamo la crescita della partecipazione contro questi atteggiamenti intimidatori e omertosi: oggi più che mai, occorre far sentire la voce della comunità. Riteniamo che il vostro ruolo sia in tal senso decisivo”.