Il più antico documento degli Archivi di Stato italiani é stato steso a Piacenza il 12 maggio del 721 d.C. Risale al periodo longobardo (Regno di Liutprando) e una giovane non ancora ventenne Anstruda (chiamata anche Anserada) si presentò davanti al suddiacono Vitale, a Piacenza, e – come previsto dal diritto di allora – vendette la propria libertà a un servo di una famiglia agiata per tre soldi. Firmó con una croce, dichiarata autentica da Vitale (solo dall’età carolingia gli ecclesiastici non poterono più formare documenti ufficiali). Anstruda era accompagnata dal padre Autari, presente peraltro solo quale testimone: la sua condizione sociale era talmente bassa che l’ordinamento civile dell’epoca non gli riconosceva la possibilità di esercitare la patria potestà sulla figlia.
Il matrimonio (indissolubile, come stabilito da Rotari nel 643 d.C.) risulta da un prezioso documento conservato dal 1799 nell’Archivio di Stato di Milano. Si tratta della Cartola de accepto mundio (il “mundio” era, nell’antico diritto germanico, il potere domestico – assoluto e illimitato – esercitato dal capo della famiglia o del gruppo parentale, e il corrispondente dovere di protezione).
Nella Cartola mai si parla dello sposo ma “mundoaldi” (cioè, titolari del mundio) erano i fratelli Sigirad e Arochis, potenti uomini d’affari che da Campione – ha detto il prof. Ezio Barbieri, professore di Diplomatica all’Universitá di Pavia – viaggiavano per tutto il nord d’Italia. Il vincolo, come detto, era indissolubile ma nella Cartola si prevedeva che se Anstruda avesse mai voluto liberarsi dalla sua condizione di sottomissione ai due, o loro eredi, avrebbe dovuto corrispondere dieci soldi. Nella Cartola altre complesse disposizioni anche sui figli o figlie che eventualmente sarebbero nati dall’unione, distinguendo fra i maschi (che sarebbero rimasti sempre sotto il mundio di Sigirad e Arochi) dalle femmine che, quando si sposassero, avrebbero dovuto avere ciascuna il loro mundio.
La vicenda di Anstruda è stata in dettaglio illustrata da Annachiara Sacchi su “La Lettura” (Corsera) di oggi.