«Piacenza si sta svegliando da un sonno secolare. La nostra città ha ricchezze incredibili che solitamente tiene ben nascoste. Ultimamente sono tante le iniziative che fanno scoprire al pubblico le meravigliose pagine della nostra storia, di periodi nei quali c’era il culto del bello. E di questo dobbiamo ringraziare la Banca di Piacenza». Così si è espresso monsignor Domenico Ponzini, direttore emerito dell’Ufficio beni culturali della Diocesi, nel corso dell’inaugurazione della mostra di alcuni esemplari di antifonari e graduali di Santa Maria di Campagna nel refettorio del Convento dei frati minori (aperta come evento collaterale alla Salita al Pordenone), cui è seguita una conferenza tematica che ha approfondito dal punto di vista scientifico il valore e l’importanza di queste imponenti opere librarie, da pochissimi conosciute e mai studiate.
«Chi avrebbe mai pensato – ha proseguito mons. Ponzini – che Santa Maria di Campagna custodisse questi splendidi unicum che rappresentano solo una parte di un tesoro tutto da scoprire che dormiva nella polvere. Grazie alla Banca, dunque, che lo ha risvegliato: codici di questa grandezza e con illustrazioni di tal fatta è difficile trovarli». Nessuno si era accorto di questo tesoro, le cui parti illustrate «contengono un messaggio di spiritualità, tipica dei frati francescani, e gioia interiore». Quella spiritualità «trasmessa nel 1800 da padre Davide da Bergamo nelle sue pastorali, molto seguite dai fedeli in Santa Maria di Campagna». Mons. Ponzini ha concluso esprimendo ancora riconoscenza alla Banca per aver dato l’occasione ai piacentini di scoprire non solo l’arte ma lo spirito dell’arte. «La cultura piacentina, da cui ci siamo sradicati, ha una marcia in più, rappresentata dal genio che ha avuto modo di esprimersi dal XVII al XIX secolo. Il contenuto degli antifonari è un aiuto alle persone perché si elevino, culturalmente ma anche civilmente. La strada per riconciliare soprattutto i nostri giovani alla cultura è stata tracciata dalla Banca di Piacenza, che va incoraggiata a continuare questo servizio che offre alla città».
«Siamo noi che ringraziamo lei – ha detto il presidente del Comitato esecutivo dell’Istituto di credito di via Mazzini Corrado Sforza Fogliani -. Se la Banca in due decenni ha finanziato quasi 300 restauri religiosi, lo si deve alla sempre preziosa collaborazione di monsignor Ponzini, oltre che dei singoli parroci. Siamo quindi noi che siamo grati a lui: se è vero che Piacenza si contraddistingue perché ha una banca che in quanto locale sente il dovere di essere vicina al territorio, è altrettanto vero che in poche città i Beni culturali della Diocesi sono stati gestiti con così tanta competenza e amore per il territorio stesso da parte di mons. Ponzini».
«Oggi – ha concluso Sforza – diamo solo un’idea con alcuni esemplari di quello che è il patrimonio librario del convento di Santa Maria di Campagna. In accordo con padre Secondo Ballati restaureremo questi codici con i quali allestiremo una mostra più completa e rappresentativa».
L’inaugurazione era stata aperta dal saluto del presidente del Cda della Banca di Piacenza Giuseppe Nenna e dall’intervento di Laura Bonfanti, curatrice della mostra, che ha spiegato le caratteristiche degli antifonari e dei graduali esposti (libri che contengono le parti cantate della liturgia): «Come periodo si collocano tra il 1600 e il 1800. I volumi più antichi sono su pergamena, i più recenti su carta. La maggior parte ha una coperta in pelle con fregi di ottone. Preziose le decorazioni a mano che li adornano: eleganti capolettera e raffinate miniature dai colori vivaci, alcune realizzate utilizzando foglie d’oro. Utilizzati fino a 100 anni fa all’interno del coro, venivano posizionati su un leggio (badalone). Sono grandi perché così tutti i coristi potevano leggere senza difficoltà. Altra particolarità, gli antifonari esposti sono tutti datati e firmati, cosa rara per questo tipo di testimonianza storico-religiosa».