Folto pubblico a Palazzo Galli, per la presentazione del volume “Dai canali di bonifica ai rivi di Piacenza” edito dalla sezione di Piacenza di Italia Nostra e comprendente gli atti del convegno tenutosi nella nostra città nell’aprile dell’anno scorso. I lavori (ai quali hanno assistito – nella sede messa a disposizione dalla Banca di Piacenza – attenti ascoltatori, trattenutisi per più di due ore) sono stati aperti dal dott. Carlo Emanuele Manfredi, presidente dell’Associazione per la tutela del patrimonio storico artistico e naturale, che ha delineato le caratteristiche della pubblicazione in presentazione. Subito dopo ha parlato il dott. Pietro Chiappelloni, anche illustrando l’argomento di un relatore, il dott. Kevin Ferrari, forzatamente assente: ha dimostrato, anche cartograficamente, come i rivi dimostrino, anche nel loro percorso, le origini romane tant’è che ancora oggi segnano il perimetro della città romana antica nonché di quella medievale. Su questo tema è ritornato anche l’ing. Gigi Rizzi che ha allargato il discorso al territorio fuori dalla cerchia urbana dimostrando a sua volta, sempre sulla base di elementi cartografici, come i canali irrigui esterni alla città (ed oggi gestiti per decisione della Regione dal Consorzio di Bonifica, ma non per questo divenuti canali di bonifica, da irrigui che erano e sono) siano segnati dalle centuriazioni romane.
Il prof. Giuseppe Marchetti ha poi illustrato i riflessi dei rivi sotterranei cittadini sulla morfologia della città di Piacenza, soffermandosi in modo particolare sul caso di via Beverora, così come si chiama il rivo Comune (cioè, del Comune) allorché entra in città. Da ultimo Giuseppe Castelnuovo, di Legambiente, ha dimostrato come gli enti pubblici ed il Consorzio di bonifica abbiamo cementificato la rete dei canali irrigui, distruggendo uno storico documento e distruggendolo inutilmente, anche sprecando pubblico danaro. Da ultimo, è intervenuto Corrado Sforza Fogliani, il quale ha fatto presente che la tesi dell’Ufficio legale del Comune che i rivi sia di proprietà dei proprietari di casa che vi abitano sopra è peregrina e, pur pretesemente giustificata sulla base dell’art. 840 del codice civile, presuppone un’interpretazione di quest’ultima norma esattamente contraria a quella sempre adottata. Sul piano storico, il relatore ha poi detto che i rivi urbani, oltre che essere fatti rientrare da sempre in un sistema pubblicistico, sono sempre stati manutenuti dal Comune anche prima che fosse addirittura costituito, con a capo il Comune, il Consorzio del rivi urbani, che venne sciolto nel 1995 con un atto che assegnò la manutenzione dei rivi all’ASM (oggi, IREN) con incameramento di un centinaio di milioni di euro consortili da parte del Comune. L’avv. Sforza Fogliani ha anche citato il fatto che Gustavo Della Cella, il maggior studioso e il maggior tecnico dell’argomento, accertò e scrisse a suo tempo che tutti i rivi urbani erano (e sono) di proprietà del Comune, fatta eccezione di due dedotti sulla base di concessioni imperiali a favore del monastero di S. Sisto.
Al termine, e dopo numerosi interventi fra cui uno dell’avv. Gianluigi Grandi (in favore della tesi sostenuta dall’avv. Sforza Fogliani per i rivi urbani), il presidente dott. Manfredi ha tirato le conclusioni compiacendosi del favorevole esito della riunione.