«I Papi hanno sempre voluto bene agli animali». La testimonianza è del giornalista e scrittore Renato Farina (una convinzione frutto del suo diretto rapporto con i pontefici e per ricerche storiche da lui stesso compiute), ospite della Banca di Piacenza a Palazzo Galli per la terza e ultima conferenza (nei primi due appuntamenti, protagonisti Vittorio Feltri e il veterinario Diego Manca) rivolte ai possessori di animali domestici, a cui la Banca ha dedicato il conto “Amici fedeli” – primo in Italia, finito persino nelle cronache del Times, oltre che sui principali giornali e Tg nazionali – che prevede agevolazioni per la cura e il benessere del proprio animale e le cui caratteristiche sono state illustrate dal vicedirettore generale dell’Istituto di credito Pietro Boselli, che ha presentato il relatore.
«Pio XI – ha raccontato Farina – aveva un cane lupo che si chiamava Pirk. Quando il padrone arrivava a casa, il cane saltava di gioia e graffiava la portiera dell’auto. Il Papa diceva al suo seguito di lasciarlo fare. Famoso è poi il cardellino, ritenuto un animale amico di Gesù, che Pio XII teneva sulla spalla. Paolo VI ebbe in dono da una scolaresca una cagnolina, Diana, che teneva a Castelgandolfo insieme ad un gatto dal manto bianchissimo. E ancora Pio XI, che si chiamava Achille che deriva da aquila, ricevette in regalo una coppia di aquile a cui dava personalmente da mangiare tre chili di carne di cavallo. Un giorno le trovò morte e il suo dolore fu enorme».
Renato Farina ha incuriosito il pubblico presente (in prima fila l’assessore alla Cultura del Comune di Piacenza Massimo Polledri) con notizie e aneddoti quasi da nessuno conosciuti. La Basilica di San Pietro, che qualcuno ha definito “zoo sacro”, ha al suo interno ben 67 specie di animali, rappresentati in sculture, mosaici, pitture. Possiamo trovare api, leoni, draghi, colombe, farfalle, elefanti, balene, lucertole, pippistrelli e via elencando. «In San Pietro non ci sono gatti – ha osservato Farina – ma la cosa è stata rimediata da Benedetto XVI, noto gattaro che dava da mangiare ai randagi. Il suo micio si chiamava Zorro. San Gregorio Magno, prima di diventare Papa, aveva un gatto che si chiamava Pelagio II, mentre Pio VII teneva il suo nella biblioteca. Bello il rapporto con i cani di Padre Pio e di San Filippo Neri: il primo aveva un cane lupo, Leone, il secondo un cagnolino di nome Capriccio».
«Da alcuni racconti e anche da un’esperienza personale – ha confessato lo scrittore – ho maturato l’idea che alcuni cani sono angeli. Su tutti cito l’episodio di Don Bosco: il suo cane fece scappare dei malintenzionati, salvandogli la vita; non ci sono ovviamente prove che fosse un angelo, ma non era un cane qualunque».
E per finire, Renato Farina ha letto un racconto di Paulo Coelho «bellissimo e molto significativo». Un signore un bel giorno affronta un importante viaggio in sella al suo cavallo e con il suo cane. Scoppia un violento temporale e l’uomo si ripara sotto un grande albero, ma un fulmine uccide sia il cavaliere, sia i due animali. Loro non si accorgono di essere morti e proseguono il viaggio affrontando il deserto. Ad un certo punto, sudati e sfiancati, si trovano davanti uno scenario meraviglioso: cupole, palme e pavimentazioni d’oro massiccio e una fontana zampillante. “Come si chiama questo posto?”, domanda il cavaliere. “Cielo”, gli viene risposto. Chiede se può dissetarsi insieme al cane e al cavallo. “Tu sì, ma gli animali non possono andare in Paradiso”. Allora il signore rinuncia a bere e prosegue. Arriva davanti ad un’altra fontana meravigliosa. “Come si chiama questo posto?”, chiede di nuovo. Questa volta gli risponde San Pietro: “Cielo”. “Possiamo bere?”. “Sì, certo”. Il cavaliere, sconcertato, racconta a San Pietro il “no” che aveva ricevuto appena prima. “E’ tutto a posto”, lo rassicura San Pietro: “Uno che abbandona i suoi migliori amici, in Paradiso non lo vogliamo”. E Giovanni Paolo II diceva che «gli animali hanno un’anima, sono un soffio dello spirito».