Polveri sottili alle stelle anche a Piacenza, Legambiente: “Situazione fuori controllo”

Smog, livelli limite anche a Piacenza

Polveri sottili, è allarme anche per Piacenza. Lo comunica Legambiente. In particolare la stazione Arpae di Montecucco ha segnato per 80 giorni una concentrazione di PM10 superiore a 50 microgrammi per metro cubo. Ricordiamo che a tal proposito il 4 novembre scorso sono iniziate anche le domeniche ecologiche che proseguiranno nei prossimi mesi.

Radio Sound

Sono 11 le città già fuorilegge per aver superato il limite di 35 giorni all’anno con concentrazioni medie di PM10 superiori a 50 microgrammi/metro cubo, a partire da Lodi (centralina di viale Vignati) con 57 giorni, seguita da Torino (Rebaudengo) con 56, Milano (Senato) con 47 e poi Padova (Arcella) con 44, Alessandria (D’Annunzio) e Venezia (V. Tagliamento) con 41, Frosinone (Scalo) con 40, Asti (Baussano) e Pavia (Piazza Minerva) con 39, Cremona (Fatebenefratelli) con 37 e Reggio Emilia (Timavo) con 36. Nonostante le piogge e quindi le condizioni favorevoli alla dispersione dell’inquinamento, lo smog nelle città italiane non sembra dare tregua, anzi verosimilmente da qui alla fine dell’anno molte altre città supereranno la soglia dei 35 giorni.

E nemmeno i mesi estivi, meno colpiti dalle concentrazioni delle polveri, hanno mostrato segnali positivi: l’ozono troposferico – un inquinante secondario che si forma per reazioni fotochimiche a partire da inquinanti precursori quali gli Ossidi di azoto (NOx) e i composti organici volatili (VOC), spesso sottovalutato perché si forma nelle zone rurali – ha infatti superato in Emilia Romagna il limite di 25 giorni con una media mobile sulle otto ore superiore al valore di 120 microgrammi/mc nell’85% delle stazioni di monitoraggio regionali (29 su 34): Piacenza (Monte Cucco) con 80 giorni, Parma (Cittadella) con 67, Modena (Parco Ferrari) con 66, Reggio Emilia (S. Lazzaro) con 55 e Bologna (Giardini Margherita) con 39 i capoluoghi di provincia oltre i limiti di legge .

Grave anche la situazione della Lombardia, dove tutti i capoluoghi di provincia hanno superato almeno in una stazione i 25 giorni di tolleranza per questo inquinante. Brescia, la città con la situazione peggiore della regione, secondo le elaborazioni di Legambiente Lombardia realizzate a partire dai dati delle stazioni ufficiali di monitoraggio, con ben 101 giorni di superamento, seguita da Monza (92), Lecco (88), Bergamo (85) e Varese (77). E purtroppo nulla riusciamo a sapere per il Veneto e il Piemonte, vista la mancanza di dati riassuntivi sui siti delle relative Agenzie regionali.

Di inquinamento atmosferico e delle sue conseguenze sociosanitarie ed economiche si è parlato oggi a Milano nell’ambito della prima delle due giornate di lavoro per la conclusione del progetto CAPTOR, Inquinamento atmosferico e citizen science, dedicato appunto alle potenzialità legate al coinvolgimento dei cittadini, organizzati in rete, nelle azioni di controllo e contrasto dell’inquinamento atmosferico. All’incontro organizzato da Legambiente, che proseguirà anche domani con un focus sulle criticità legate all’ambiente urbano, hanno partecipato molti ospiti provenienti dalle tre aree interessate dal progetto e cioè Catalogna, zona suburbana di Vienna e Pianura Padana, tra cui l’Assessore all’Ambiente della Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo, il presidente di AssoArpa Luca Marchesi e le Arpa del Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

 

La posizione di Legambiente

“I dati rivelano ancora una volta e in maniera evidente che il problema dell’inquinamento atmosferico non riguarda esclusivamente le aree urbane e i mesi invernali – dichiara Giorgio Zampetti, Direttore Generale di Legambiente – se infatti le polveri sottili continuano ad essere uno degli inquinanti più critici, c’è un altro tipo di inquinamento, che caratterizza maggiormente i mesi estivi, spesso sottovalutato, come quello da ozono. Un inquinante secondario estremamente diffuso che Legambiente con gli altri partner hanno messo al centro del progetto CAPTOR, con l’obiettivo di informare e stimolare direttamente i cittadini nelle misure di contrasto, con attività di citizen science. Ma l’attività di informazione e sensibilizzazione è solo una parte della soluzione. Servono infatti interventi integrati e strutturali da parte delle amministrazioni. Dopo il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia europea per la procedura di infrazione sulla qualità dell’aria a carico del nostro Paese, ci saremmo aspettati un grande piano per tutta l’area padana, ma non solo. Provvedimenti efficaci però non se ne vedono, nonostante l’esistenza dell’Accordo di Programma per il miglioramento della qualità dell’aria del bacino padano. Si continua a procedere a macchia di leopardo con misure anche in contrasto tra loro. Su tutto questo ci aspettiamo una netta inversione di tendenza, senza ricorrere a ulteriori proroghe nel raggiungimento degli obiettivi, per non trovarci a stretto giro a combattere l’ennesima emergenza smog”.

 

Il rapporto dell’agenzia europea per l’ambiente

Secondo i dati pubblicati nel report “Air quality in Europe 2018”, dell’agenzia europea per l’ambiente (EEA), circa il 74% della popolazione urbana dell’Unione Europea è stata esposta a concentrazioni di molto superiori a quelle previste dalle linee guida dell’OMS (più rigide rispetto a quelle adottate dai Paesi membri) per quanto riguarda le polveri sottili (PM2,5), responsabili di circa 422.000 morti premature in 41 Paesi europei nel 2015. Di queste morti premature, circa 79.000 sono riconducibili anche alle elevate concentrazioni di biossido di Azoto (NO2). Per quanto riguarda l’Ozono troposferico, circa il 98% della popolazione europea è stato esposto a livelli molto superiori ancora a quelli considerati dalle linee guida dell’OMS, con la morte prematura di circa 17.700 persone in 41 paesi europei nel 2015.

A livello italiano, le morti premature per polveri sottili (PM2,5) sono state 60.600, di cui 20.500 riconducibili al Biossido di Azoto, mentre 3.200 sono legate ad alte concentrazioni di Ozono (O3).

Per questo motivo il progetto CAPTOR, finanziato dal programma Horizon2020 dell’Unione Europea, ha messo insieme partner tecnici, scientifici e reti della società civile per testare dei sensori low per il monitoraggio dell’Ozono troposferico. Il partenariato, guidato dall’Università Politecnica di Catalogna (UPC) e composto dal Consejo Superior de Investigaciones Cientificias (CSIC), l’Università di Clermont-Ferrand, il centro per l’Innovazione Sociale austriaco (ZSI), il network GUIFI.net e le tre associazioni Ecologistas en Accion, Global 2000 e Legambiente, ha promosso nelle aree testbed di Spagna, Austria ed Italia la collaborazione tra comunità locali, cittadini, Ong, scienziati e istituzioni con l’obiettivo di sensibilizzare e trovare soluzioni condivise al problema dell’inquinamento atmosferico.

Nei tre anni di progetto sono state realizzate 3 campagne di monitoraggio della qualità dell’aria, con un focus sull’ozono troposferico, a cui i cittadini hanno partecipato concretamente ospitando gli strumenti di rilevazione nelle loro case. L’approccio della citizen science rappresenta infatti un efficace strumento sia per creare maggior consapevolezza sulle problematiche ambientali sia per mobilitare i volontari in azioni concrete. Il monitoraggio è avvenuto durante le stagioni estive in alcune aree rurali di Spagna (Catalogna, l’area a nord-ovest di Barcellona), Austria (la zona suburbana di Vienna) e in Pianura Padana, considerata l’area in Europa con le maggiori concentrazioni di ozono, con rilevamenti nelle zone suburbane e nelle provincie di Cuneo, Bergamo, Piacenza e Vicenza.

Una delle principali fonti d’inquinamento atmosferico è il trasporto su strada, soprattutto per quanto riguarda l’emissione di biossido di azoto (NO2) e le polveri fini (PM). Non vanno però sottovalutate anche altre fonti quali la produzione di energia, l’industria, l’agricoltura e il riscaldamento domestico, che contribuiscono in maniera comunque determinante all’inquinamento atmosferico.

Il particolato (PM), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono troposferico (O3) rappresentano una delle cause antropiche maggiormente responsabili dei danni alla salute delle persone. Alte concentrazioni di inquinanti atmosferici continuano ad avere un impatto negativo sui cittadini europei e, in particolare, su quelli che vivono nelle aree urbane. L’inquinamento atmosferico ha anche notevoli ripercussioni sociali ed economiche, causando perdita di vite umane, aumentando i costi dei sistemi sanitari e riducendo la produttività per problemi di salute. Infine, l’inquinamento atmosferico ha un impatto negativo anche sugli ecosistemi, danneggiando suoli, foreste, laghi e fiumi e influendo negativamente sulla produzione agricola.

Ti potrebbe interessare:

Che cos’è il PM10 e perché dobbiamo preoccuparcene?