Piacenza, 10 Settembre 1547: il Duca di Piacenza e Parma Pier Luigi Farnese, figlio del papa Paolo III, è pugnalato a morte nelle sale della Cittadella Viscontea. Questo è il cruento epilogo di una congiura consumatasi nell’Italia rinascimentale: un episodio che rappresenta lo spunto per lo spettacolo “Piacenza 1547: come ammazzare un duca”, in programma sabato sera 25 agosto alle 21:30 a Pizzighettone, antica roccaforte cremonese affacciata sul fiume Adda.
Presentata sotto forma di narrazione storica con percorso guidato, l’iniziativa sarà condotta da Davide Tansini, che rievocherà guerre, intrighi, passioni, rivalità e tradimenti del tardo Rinascimento italiano. Con stile colloquiale, vivace e ironico, Tansini racconterà gli scenari storici della narrazione, basandosi su ricerche personali condotte sulla Lombardia rinascimentale e sul Ducato di Parma e Piacenza. Il percorso dello spettacolo “Piacenza 1547: come ammazzare un duca” si svolgerà nelle mura pizzighettonesi, illuminate con torce e fiaccole.
Sospeso fra documentario e spy story, il racconto di Davide Tansini non si limiterà all’enumerazione dei fatti o dei dettagli biografici: sarà l’occasione per un discorso articolato, oltre che interessante e coinvolgente su un periodo storico e sull’eredità che ha lasciato: società, economia, usi, arti, tradizioni, curiosità (in Valpadana e non soltanto).
Ci saranno le vicende politiche, con il loro immancabile séguito di speranze e delusioni; le personalità più in vista dell’epoca (VIP del Rinascimento e dell’Età Moderna); le questioni maggiormente sentite e dibattute, come le tasse (tema sempre d’attualità) e i timori per un futuro incerto. Difficile non ritrovare anche nell’attuale vita quotidiana punti di contatto con questo passato soltanto in apparenza lontano.
Oltre a essere un suggestivo percorso serale, lo spettacolo “Piacenza 1547: come ammazzare un duca” sarà una coinvolgente occasione per conoscere e rivivere la storia.
“E’ proprio questo il concetto. Io sono uno storico – racconta Tansini – e mi occupo molto dell’aspetto divulgativo: gli avvenimenti del passato hanno forti legami con il presente e con i tempi che ci ritroviamo a vivere. Vi sono messaggi e concetti che si possono più facilmente comunicare coinvolgendo chi ascolta, portandolo a provare emozioni” spiega Tansini.
“Con questo percorso, non solo concettuale ma proprio fisico, lo spettatore diventa parte integrante dello spettacolo, coinvolto nello scenario. Sarà un tuffo nel passato, un viaggio nel tempo fino al Rinascimento”.
“Piacenza 1547: come ammazzare un duca”
La trama – “Piacenza 1547: come ammazzare un duca”
Sono diversi gli avvenimenti che formano il complesso retroscena della congiura contro Pier Luigi Farnese: la cessione di Parma e Piacenza agli Stati Pontifici (1521); il sacco di Roma a opera déi Lanzichenecchi (1527); la morte dell’ultimo Duca sforzesco di Milano Francesco II (1535); la devoluzione del Ducato di Milano all’Imperatore (e Re di Spagna) Carlo V d’Asburgo e l’investitura a nuovo duca milanese del figlio dello stesso Carlo, Filippo (1542).
Soprattutto, l’elezione al soglio pontificio del cardinale Alessandro Farnese (1534): papa Paolo III. Personaggio dall’intelligenza vivace, ma anche dedito ai vizî e ai piaceri (particolarmente amante del vino e delle donne), nella sua lunga e tortuosa scalata al potere porta con sé i numerosi figlî. Fra questi il primogenito e prediletto Pier Luigi, forse avuto dalla nobildonna romana Silvia Ruffini nel 1503.
Ribelle, irrequieto, esuberante ben oltre il limite della tracotanza e della brutalità, eccessivo e stravagante, così pure intelligente e amante déi vizî come il padre, sin dalla nascita Pier Luigi diventa parte delle manovre di potere che il casato farnesiano compie presso la corte romana.
Fatto sposare a soli 16 anni con Gerolama Orsini, Pier Luigi intraprende altrettanto giovane il mestiere delle armi. La sua indole lo porta a dimostrarsi coraggioso, forte e audace in battaglia, ma anche efferato nelle sue azioni: addirittura, guida una parte delle truppe imperiali durante l’occupazione e il sacco di Roma nel 1527 (preservando però il palazzo e i beni di famiglia durante il saccheggio). La violenza delle sue scorribande nella Campagna Romana (rapine, omicidi, profanazioni) gli procura persino un anatema dello stesso pontefice: maledizione che Pier Luigi e il padre Alessandro riescono a far ritirare soltanto con molta fatica.
Divenuto pontefice, Paolo III opera alacremente per la propria famiglia (già signora su molte terre fra Lazio, Toscana e Umbria), cercando di ritagliare zone di potere sempre più estese all’interno degli Stati Pontificî.
Dopo la nomina a Gonfaloniere della Chiesa, l’investitura a duca di Castro da parte del pontefice (1537) e quella a marchese di Novara da parte dell’imperatore (1538), Pier Luigi coglie l’occasione di diventare feudatario di Piacenza e di Parma: territorî periferici del dominio pontificio, non lontani da Milano, in cui i Farnese vedono grandi potenzialità politiche ed economiche.
Fra il 12 e il 17 Agosto 1545 la proposta di investire Pier Luigi duca delle due città in cambio del Ducato di Castro e di un censo annuale di 9.000 ducati è esaminata e approvata dal Concistoro romano: il 26 Agosto Paolo III firma la bolla di investitura per il figlio e nel Settembre successivo Pier Luigi Farnese fa il suo ingresso in Emilia come duca di Piacenza e Parma.
Pier Luigi intraprende numerose azioni a favore della popolazione (apertura di scuole, riparazione di strade e ponti, abolizione di tasse e di esenzioni ingiustificate a queste, regimazione delle acque). Ma i rapporti con il notabilato locale (soprattutto, con quello piacentino) sono molto tesi: mal sopportato è il carattere irruente del primogenito di Paolo III (molti lo chiamano spregiativamente «il bastardo del papa»); mal sopportate sono alcune sue decisioni (la costruzione di una nuova cittadella, la redazione di nuovi registri del censo); soprattutto, mal sopportata è la presenza di un sovrano de facto, ritenuto troppo energico e risoluto rispetto ai precedenti governatori pontifici e perciò troppo scomodo.
Con l’indiretta approvazione dell’imperatore e la complicità del governatore di Milano Ferrante Gonzaga, acerrimo nemico di Pier Luigi, una parte del notabilato ordisce una congiura per eliminare il poco amato Farnese. A capo della cospirazione quattro nobili: Girolamo Pallavicino, Agostino Landi, Giovanni Anguissola e Gian Luigi Confalonieri (PLAC diviene l’acronimo che identifica i loro quattro cognomi). La trappola scatta il 10 Settembre 1547: un gruppo di congiuràti riesce a introdursi nelle sale della Cittadella Viscontea che ospitano il duca e lo uccide a pugnalate, gettandone poi il cadavere nel fossato della fortezza.
Dopo l’omicidio di Pier Luigi Ferrante Gonzaga fa occupare gran parte dei territori farnesiani in Emilia: pur interrotto e contrastato, il dominio imperiale permane fino al 1556 (ma la guarnigione asburgica della Cittadella Farnesiana di Piacenza abbandona la fortezza soltanto nel 1585). Affrontando molte molte difficoltà, i discendenti di Pier Luigi sfruttano abilmente l’appoggio di Paolo III e la parentela con la casata degli Asburgo e riescono a entrare al servizio dell’imperatore: un po’ per ricompensa, un po’ per il mutare degli equilibrî politici, i Farnese ottengono la restituzione del dominio emiliano mantenendone il controllo fino al 1732.