Molinari (Cisl): “Sempre più comuni stipulano patti per il volontariato dei richiedenti asilo”

Pontedellolio, Monticelli, Sarmato, Bettola Rivergaro, Calendasco, Coli, Cadeo, Cortemaggiore, Carpaneto, Podenzano, Castelsangiovanni, Villanova, e naturalmente Gragnano: è già una lunga lista quella dei comuni della nostra provincia in cui sono stati stipulati patti di volontariato per l’attività dei profughi richiedenti asilo. A beneficio della comunità ospitante. Una buona notizia, aggiungendo anche la parte rilevante che fa il capoluogo: di recente l’assessore comunale ai servizi sociali di Piacenza Federica Sgorbati ha dichiarato che proseguirà l’impiego dei richiedenti asilo anche in città in lavori di pubblica utilità mentre, sempre a Piacenza, è l’Asp “Città di Piacenza” ad organizzare per conto dell’amministrazione l’impiego dei richiedenti asilo insieme alla cooperativa sociale che li gestisce, L’Ippogrifo. Tutto questo dimostra che la politica riesce, se vuole, a dare delle risposte ai problemi: l’accordo-quadro regionale, siglato in prefettura a Bologna questa estate, e valido in tutta l’Emilia Romagna ha aperto una nuova fase rispetto a quella, data troppe volte erroneamente per scontata, di un soggiorno in prolungata attesa nel nostro territorio dei profughi dislocati qui dai piani nazionali di riparto.

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E’ giusto ricordare come, poco più di un anno fa, ebbe luogo a Piacenza, un convegno, promosso, tra gli altri, dalla vicepresidente della Provincia Patrizia Calza, in cui si discusse del tema: “Profughi, ospitalità e lavoro”. L’esito del convegno, nell’immediato, non fu confortante. Addirittura era uscita una reprimenda nei confronti del “lavoro forzato”, inammissibile per il diritto nazionale e comunitario. Un esperto aveva parlato di condizioni di possibile schiavitù e del fatto che nessuno può essere costretto a compiere un lavoro obbligatorio, tranne che per il servizio militare o per il lavoro in detenzione. Un fraintendimento della proposta che stava venendo alla luce. La proposta, nei termini esatti in cui Patrizia Calza l’aveva formulata, riguardava i “richiedenti asilo”, e riprendeva invece i temi dell’welfare generativo e della responsabilizzazione di chi è aiutato; di un patto di corresponsabilità basato su diritti e doveri reciproci; di una “restituzione” alla comunità per l’accoglienza ricevuta, che dà dignità al soggetto ospitato. La sollecitazione sembrava non essere riuscita a smuovere le acque immobili su un tema che viene troppo spesso ideologizzato e tirato da destra e sinistra senza che le scelte politiche si modifichino concretamente.

Oggi, a distanza di un anno, possiamo dire che almeno in Emilia Romagna è stato fatto un passo avanti e che la caparbietà dimostrata dal sindaco di Gragnano nel proporre un’idea che, come Cisl, sostenemmo subito, è servita a cambiare lo stato delle cose. Con l’accordo, siglato il 10 ottobre scorso nella nostra regione, si costruisce attraverso il lavoro un nuovo modello di accoglienza. Riguarda la possibilità per i profughi ospitati di svolgere lavori socialmente utili. Un’ alternativa all’assistenzialismo che invece costringe alla passività. E’ un invito a dare valore al proprio e all’altrui esserci. I migranti potranno svolgere lavori di manutenzione degli edifici pubblici e delle scuole, pulire piazze, strade e giardini, dare una mano nell’assistenza di anziani: attività di pubblica utilità, ma non sostitutive delle normali attività di lavoro strutturato e retribuito. La buona politica, in dialogo con le rappresentanze sociali nei territori, sa scegliere, decidere e assumersi responsabilità, e può ancora riuscire a cambiare le cose in positivo…Ovviamente, se lo si vuole.