Una maxi operazione antidroga che nell’inverno del 2016 portò all’arresto di 56 persone, 67 denunciate e 238 segnalate come assuntori di sostanza stupefacente. Un’attività condotta dalla compagnia di Fiorenzuola, denominata “MYOCASTOR”, nel corso della quale venne arrestato Bouazza Annaoui, 42enne marocchino residente nel milanese: è considerato il perno di quell’organizzazione, colui che reclutava clandestini per farli diventare spacciatori.
L’uomo venne arrestato insieme ad altri suoi 14 collaboratori: una pericolosa organizzazione di spaccio attiva a cavallo fra Lombardia ed Emilia. Per quanto riguarda Piacenza, la cessione di stupefacenti avveniva nelle campagne tra Piacenza e Cremona, nella zona di Monticelli, Caorso e Castelvetro.
Oggi, martedì 6 marzo, in tribunale a Piacenza sono state ascoltate decine di assuntori, clienti della banda, i quali hanno spiegato con quali modalità avveniva la compravendita.
Il modus operandi di queste batterie di magrebini, solitamente composte da 3 o 4 elementi per ogni luogo di spaccio (vedette, telefonista e addetto allo spaccio), era quello tipico dello smercio di stupefacenti. La scelta dei luoghi di spaccio veniva agevolata da alcuni loro connazionali e clienti piacentini che conoscevano bene le zone rurali. I luoghi venivano scelti in maniera certosina poiché dovevano essere controllabili dagli spacciatori in modo da prevenire i controlli delle forze di polizia e garantire una fuga immediata. Gli spacciatori avevano l’abitudine a nascondere lo stupefacente in buoni quantitativi sotterrandolo in modo tale da poter muoversi più tranquillamente ma l’evolversi delle investigazioni ha permesso di capire quando giungevano i rifornimenti e pertanto intercettare la droga. Gli spacciatori giungevano sui luoghi di spaccio con le rubriche telefoniche già piene dei numeri dei clienti della zona e una volta sul posto li contattavano tramite sms e facendo loro sapere che avevano la droga di buona qualità. Da questo numero, una volta contattati, fornivano indicazioni per raggiungere i luoghi di spaccio e ricevevano gli ordinativi di “bianca” o “la bella” (cocaina) e “scura” o “la brutta” (eroina). In particolare venivano create piazze in Pontenure – Monticelli D’Ongina (Isola Serafini ed Olza) – Castelvetro – Fiorenzuola D’Arda (San Protaso e Felina) – Cadeo (Saliceto) – Castell’Arquato (loc. Dossi) – Carpaneto Piacentino (Travazzano e Nicrosi) – Alseno (Chiaravalle) – Caorso – San Pietro in Cerro – Cortemaggiore oltre che in altri comuni delle limitrofe province quali Busseto (PR), Castelnuovo Bocca d’Adda (LO), Santa Cristina e Bissone (PV) e Cremona.
Spesso gli spacciatori erano anche muniti di armi come fucili, pistole, roncole e bastoni che utilizzavano per intimidire i clienti evitando così ogni discussione sia sulla qualità sia sulla quantità di stupefacente ceduto. In una circostanza un cliente aveva addirittura offerto agli spacciatori una pistola in cambio dell’eroina. Che fossero soggetti determinati e senza scrupoli è apparso in maniera palese quando, al momento di essere fermati a bordo di auto rubata e con la droga addosso, non hanno avuto remore nello speronare un’auto civetta dei Carabinieri ferendo un maresciallo o colpendo un brigadiere con un calcio per garantirsi la fuga ed evitare l’identificazione. Nel corso degli accertamenti si apprendeva che esisteva la volontà di estendere questa colonizzazione del territorio sino alla provincia di Parma grazie all’aiuto di alcuni tossicodipendenti, cosa non avvenuta grazie all’operazione conclusa brillantemente.