Competente, appassionato e illuminante come sempre, padre Stelio Fongaro – apprezzato studioso ed umanista della comunità scalabriniana – ha tenuto in S. Maria di Campagna – nell’ambito delle manifestazioni collaterali alla “Salita al Pordenone” organizzata dalla Banca di Piacenza – una conversazione di alto profilo culturale dal titolo “L’arte nella fede”.
Introdotto dal Guardiano dei frati minori padre Secondo Ballati e da Danilo Anelli e Roberto Laurenzano – rispettivamente razdur della Famiglia Piasinteina e presidente della locale As- sociazione Dante Alighieri, i due sodalizi che hanno collaborato all’organizzazione dell’evento- padre Fongaro ha offerto al numeroso pubblico presente un’articolata disserta- zione partendo dall’analisi dei tre grandi contenitori dell’essere: vero, buono e bello. “Siamo abituati ad associare alla fede quasi esclusivamente i primi due concetti – ha esordito padre Stelio – ma il Concilio Vaticano II ha determinato, fra le altre cose, anche la riconcilia- zione della Chiesa con l’arte. Il premio Nobel Aleksandr Solzenicyn affermava che il mondo attuale non trova accordo col vero e neppure con il bene, ma sicuramente con il bello, rife- rendosi proprio all’arte. Un pensiero ripreso anche da San Giovanni Paolo II che, nella Lettera agli artisti, scrisse che “la bellezza salverà il mondo”. Ma anche in epoche più remote ci sono tracce dell’accostamento di alcuni di questi concetti: i greci parlavano spesso di “bellezza e bontà”, nel libro della Genesi è scritto che “Dio vide che era cosa buona e bella” ed anche nel vangelo di Luca si parla della “Terra bella e buona”.
Concetti ulteriormente avvalorati dall’illuminante oratore con citazioni di grandi filosofi e let- terati come S. Tommaso, Rosseau, Dante Alighieri, Manzoni, Leopardi e Benedetto Croce. Dal vero, buono e bello, padre Fongaro è quindi passato all’analisi del rapporto tra arte e Chiesa.
“L’opera d’arte è una porta d’ingresso per l’esperienza religiosa – ha sottolineato padre Stelio – e la Chiesa ha bisogno dell’arte perché rende percepibile il mondo dello spirito di Dio. Le opere d’arte ci avvicinano e ci uniscono al Creatore, lo percepiamo chiaramente in questa basilica che sorge sul luogo del martirio di alcuni cristiani. Un tempio che nel corso dei secoli è stato modificato ed ampliato fino all’ultimo progetto a pianta centrale del Tramello, un progetto nel segno di quell’umanesimo cristiano proprio del Rinascimento”.
Padre Fongaro ha proseguito il suo intervento citando le cappelle affrescate dal Pordenone in S. Maria di Campagna, ma anche i personaggi delle scene bibliche degli otto spicchi della cupola, tutti protese verso il cielo e, quindi, verso il Creatore.
“La plasticità del Pordenone di ascendenza michelangiolesca – ha concluso padre Stelio – e i suoi colori di ascendenza veneta, rendono vivi i personaggi delle sue opere”.