Il comparto del latte tira un respiro di sollievo, i dati economici hanno mostrato un mercato, tutto sommato tonico, con il latte spot sopra quota quaranta cent/litro da metà maggio. Ma se la siccità dei mesi estivi ha impattato non poco sui costi produttivi, compromettendo la redditività nel breve periodo, le ombre sul settore paiono ancor più lunghe. Permangono problemi strutturali e di prospettiva. Questo è il parere di Filippo Gasparini – presidente di Confagricoltura Piacenza e di Elena Ferrari – presidente della Sezione di prodotto Lattiero-casearia. “Non è stato un anno positivo – commenta Gasparini – perché se si coprono i costi produttivi, ma non c’è utile per il reddito dell’imprenditore e neppure un ricavo sufficiente per accantonare gli ammortamenti, significa che l’azienda non è fuori pericolo e, ancor meno, è in condizione di fare investimenti. E’ stato un anno, questo è vero, con un mercato estremamente tonico, con condizioni di forte richiesta del latte, ma se il comparto non riesce a risollevarsi neppure con queste condizioni, significa che non abbiamo ancora gli strumenti per cogliere le occasioni di mercato”. “Non ci possiamo accontentare di sopravvivere – sottolinea Ferrari – galleggiamo attorno alla linea del guadagno continuando a registrare sofferenze. La filiera del Grana Padano doveva reggere e governare il contesto, invece di fare da volano si è tramutata in un elemento di freno ai prezzi, di fatto, facendo da contraltare all’ottima congiuntura della domanda internazionale”. Secondo Confagricoltura Piacenza, la filiera del Grana Padano non è stata in grado di esercitare la forza necessaria per conservare la differenza di prezzo rispetto alle quotazioni del latte spot, quella che era un’ancora di salvataggio non si è rivelata tale, forse anche perché il prezioso formaggio è stato commercializzato a prezzi ai quali non doveva essere distribuito, soprattutto in considerazione della politica di contenimento e regimazione delle produzioni messa in campo con i piani produttivi. “Il mercato ci ha ulteriormente dimostrato – spiegano Gasparini e Ferrari – che lo sforzo di contenimento dell’offerta non è più la strategia. Chiediamo da tempo che l’asset del latte sia gestito in toto con i consorzi perché il latte collocato a Grana e il “latte libero” non sono due corpi disgiunti, ma vasi comunicanti. Non vogliamo la deregulation tout court, ma che si entri nell’ottica di aumentare la produzione per occupare con i nostri prodotti tutti gli spazi che la domanda consente”. Confagricoltura Piacenza evidenzia come la necessità di collocare tutto il latte prodotto non sia più un problema di pochi, ma dell’intero settore, perché il rischio è che si tramuti in un forte elemento di destabilizzazione. “E’ un problema di tutti far crescere il comparto con le strutture adeguate” – commenta Gasparini. “I piani produttivi che bloccano la produzione delle stalle, sono un vincolo che ingessa e non porta a redditività – sottolinea Ferrari – una contraddizione rispetto alla domanda del mercato e ai Psr che ci danno la possibilità di aumentare strutture e produzione. Ci troviamo a fare i conti con le quote produttive quando abbiamo tanti mercati che potrebbero essere sfruttati con un prodotto Dop che nessuno è in grado di imitarci. Spazi vuoti che vengono occupati da altri”. “E’ stato un errore storico – conclude Gasparini – non aver capito che il mondo è cambiato nelle capacità dei singoli, nelle capacità delle aggregazioni e nei comportamenti dei consumatori”.
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