La rimozione del segreto di Stato su oltre 12 milioni di documenti della CIA aggiungono “un ulteriore tassello” ai “tragici fatti” che avvennero tra il 1944 e il 1948, a ridosso e negli anni successivi alla conclusione della II Guerra Mondiale, quando “si praticò, in molte realtà del Nord Italia e dell’Emilia-Romagna in particolare, una vera e propria caccia alla persona, durante la quale, in nome della Resistenza ma in realtà in un’ottica marxista, furono colpìte, anche a morte, persone innocenti, tra cui cattolici e laici, colpevoli di credere nei valori della libertà e del solidarismo”. Parte da questa premessa un’interpellanza di Tommaso Foti (Fdi-An) che invita la Giunta a promuovere “un’indagine seria e obiettiva sul piano storico e politico” alla luce dei documenti diffusi dal Resto del Carlino e del dibattito che si sta sviluppando nel merito.
“Se fino a oggi – spiega Foti – si era in grado di provare solo il bagno di sangue costato la vita, a guerra finita, a migliaia di italiani per mano di partigiani comunisti, i documenti desecretati ci dicono che il Partito comunista italiano era pronto all’insurrezione armata, attraverso l’impegno di oltre 3.000 uomini nella sola provincia di Reggio Emilia: un’insurrezione ben pianificata, se si pensa che, addirittura, risultano divise le zone d’intervento in cui agire con il personale armato”.
Il consigliere punta il dito sul fatto che “per anni questa inoppugnabile verità storica” sarebbe stata “negata” per la “precisa volontà della sinistra italiana, in particolare del Partito comunista, di non aver voluto riconoscere i fatti tragici accaduti e le proprie evidenti responsabilità” e ricorda che “una pubblicistica anche recente ha messo a nudo una minima parte di quei fatti luttuosi e criminali che si verificarono in Emilia-Romagna, dove alcuni territori vennero addirittura identificati come ‘triangolo della morte’”.
Foti auspica anche che su questi fatti non si stenda una “complice rete di silenzio”, come accaduto quando venne discussa la propria proposta di legge alle Camere per l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti di violenza politica tra il 1944 e il 1948, “nella vana speranza che il tempo possa cancellare gli orrori compiuti nel nome dell’ideologia marxista-leninista”. Il consigliere, infine, stigmatizza il fatto che “le iniziative promosse e finanziate dalla Regione e dagli enti locali mirino sempre a enfatizzare episodi e uomini della Resistenza” e evidenzia che “il richiamo all’antifascismo e alla Resistenza, giusto se riferito a ogni forma di contrasto al totalitarismo, è servito per anni a certe forze politiche della sinistra per mascherare la propria subalternità a Mosca, nonché per attenuare le pesanti responsabilità per aver creato un clima da guerra civile in molte zone d’Italia”.