Rivede al rialzo la crescita del PIL dell’Emilia-Romagna nel 2017 che dovrebbe raggiungere l’1,4 per cento l’ultima edizione degli Scenari per le economie locali di Prometeia analizzati da Unioncamere Emilia-Romagna. La stima è superiore all’1,2 per cento previsto a livello nazionale. L’Emilia-Romagna si conferma la prima regione italiana per ritmo di crescita nel 2017, insieme al Veneto, con alle spalle la Lombardia. Secondo la previsione di luglio di Prometeia, nel 2017 la crescita del prodotto mondiale dovrebbe salire al 3,3 per cento, grazie all’accelerazione della crescita delle economie emergenti (+4,3 per cento) e dell’Area dell’euro (+1,9 per cento), Il Pil aumenterà dell’1,9 per cento in Germania e dell’1,5 per cento in Francia, valori ai quali la crescita regionale si avvicina. Rallenta la crescita dei consumi (+1,4 per cento) che si allinea a quella del Pil, il ciclo positivo degli investimenti prosegue ad un ritmo più contenuto (+2,3 per cento) e con la crescita europea e la ripresa del commercio mondiale aumentano le esportazioni (+3,0 per cento). Le attese per il 2018 sono orientate a un lieve rallentamento della crescita (+1,4 per cento).
I settori. Nel 2017 il valore aggiunto regionale sarà trainato dalla ripresa delle costruzioni (+1,9 per cento), supportato da un’accelerazione della crescita del settore dei servizi (+1,4 per cento), mentre prosegue contenuta la ripresa del settore industriale (+1,0 per cento). Le attese sono per un’accelerazione della crescita nelle costruzioni (+2,6 per cento) e nell’industria (+1,7 per cento), a fronte di un rallentamento nei servizi (+0,9 per cento).
Il mercato del lavoro. Nel 2017 la crescita degli occupati (+1,8 per cento) supera ampiamente quella delle forze lavoro (+0,4 per cento), a sua volta superiore a quella della popolazione. Aumenta quindi il tasso di attività, ma soprattutto quello di occupazione, che sale al 45,2 per cento, mentre si riduce decisamente la disoccupazione (5,6 per cento).
Le indicazioni per il 2018 prospettano una crescita delle forze di lavoro e degli occupati pressoché analoghe, con solo una marginale riduzione della disoccupazione (5,5 per cento).