Nel 2016, in Emilia Romagna, 25.270 residenti stranieri hanno acquisito la cittadinanza italiana. Dopo Lombardia (54.374) e Veneto (29.313) è la terza regione con il maggior numero di acquisizioni.
Fondazione ISMU fa notare che le acquisizioni di cittadinanza italiane sono aumentate velocemente nell’arco degli ultimi dieci anni: da 35mila durante il 2006 si è passati a 101mila nel 2013, 130mila nel 2014, 178mila nel 2015, per raggiungere il numero di 202mila nel 2016 (cfr. Tab. 1). Nel 2006 le acquisizioni erano state poco più di un sesto di quante concesse nel 2016; e quindici anni fa, nel 2002, erano appena 12mila. Come nel 2015 anche nel 2016 la regione in cui si registra il maggior numero di acquisizioni in termini assoluti – complessivamente per comunitari ed extracomunitari – è la Lombardia, seguita dal Veneto e dall’Emilia-Romagna (cfr. Tab. 2). I tassi di acquisizione maggiori si rilevano nel Centro-Nord Italia: al primo posto troviamo la Valle d’Aosta, con un valore di 76 acquisiti ogni mille residenti, seguita dal Trentino Alto Adige (71 ogni mille), dalle Marche (61 ogni mille) e dal Veneto (60 ogni mille). Agli ultimi posti troviamo la Campania (12 ogni mille) e la Basilicata (14 ogni mille). In base agli ultimi dati disponibili (2015), rispetto alla media nazionale, nel Sud e nelle Isole si acquisisce più spesso cittadinanza italiana tramite matrimonio (in Sardegna perfino nel 23,3% dei casi contro il 6,9% in Veneto), mentre nel Centro-nord più spesso per residenza (fino a un massimo del 58,2% in Friuli-Venezia Giulia) o elezione o trasmissione (fino ad un massimo del 44,4% in Lombardia).
L’Italia è al primo posto in Europa per numero di acquisizioni di cittadinanza. In questo contesto, se consideriamo il panorama europeo, l’Italia è al primo posto per numero di cittadinanze concesse durante il 2015 (ultimo anno disponibile in cui è possibile un confronto internazionale secondo Eurostat). Seguono Regno Unito con 118mila cittadinanze concesse, Spagna e Francia con 114mila, Germania con 110mila, Svezia con 49mila, Belgio e Paesi Bassi con 27-28mila. Dal 2013 in Italia le concessioni di cittadinanza sono fortemente aumentate: un trend in controtendenza nell’area dell’Unione Europea in cui invece le concessioni di cittadinanza stanno invece diminuendo.
Negli ultimi 10 anni i nuovi italiani sono quasi un milione. Complessivamente, dal 2007 al 2016 le acquisizioni di cittadinanza in Italia sono state 956mila. Quindi, oltre ai 5 milioni di stranieri residenti al 1° gennaio 2017 (ultimo dato Istat), si può stimare sul territorio nazionale anche la presenza di quasi un milione di italiani ex stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana nell’ultimo decennio, per un totale di “residenti stranieri o con un recente passato con cittadinanza non italiana” che sfiora i 6 milioni.
Il numero delle acquisizioni di cittadinanza supera quello degli sbarcati. Per rendersi conto dell’entità del fenomeno delle acquisizioni di cittadinanza in Italia lo si può raffrontare con quello molto più noto degli “sbarchi”. Questi ultimi, tranne che negli anni 2002, 2011 e 2014, nell’ultimo quindicennio sono stati sempre meno degli acquisiti alla cittadinanza italiana: nel 2015 e 2016 il numero di acquisti alla cittadinanza italiana ha superato rispettivamente di 24mila e 20mila unità quello degli sbarcati negli stessi anni, e nell’ultimo quinquennio complessivamente l’ha oltrepassato di 114mila unità.
Tra i neo-italiani di origini extracomunitarie i più numerosi sono gli albanesi e i marocchini. Tra le principali nazionalità extracomunitarie di origine degli acquisiti alla cittadinanza italiana durante il 2016 si confermano ai primi posti in senso assoluto albanesi e marocchini, rispettivamente con 37mila e 35mila neo-italiani (cfr. Tab. 5). Entrambi i collettivi (dalla storica presenza in Italia) hanno un tasso annuo di acquisizione di 81-82 naturalizzati ogni mille residenti, un valore doppio rispetto alla media fra tutte le nazionalità. A presentare invece il più alto tasso di acquisizione alla cittadinanza italiana è la comunità brasiliana (quasi 6mila acquisiti, per un tasso del 130 per mille rispetto al numero di residenti).
Si nota invece come non siano presenti tra i principali dieci gruppi extracomunitari per acquisizioni di cittadinanza in Italia durante il 2016 i collettivi asiatici cinesi e filippini, pur essendo molto numerosi dal punto di vista della popolazione residente (sono più restii a tale passaggio di status anche perché non è per loro giuridicamente ammessa la possibilità della doppia cittadinanza). Così come non è tra i primi dieci il gruppo ucraino, molto connotato al femminile, spesso composto da single e da persone in età più avanzata, giunte da poco in Italia per lavorare nel campo dell’assistenza domiciliare e legate all’idea di tornare presto in patria.
Tra i nuovi cittadini (extracomunitari e non) del 2016, gli uomini superano leggermente le donne. Dal punto di vista del genere non ci sono grandi differenze tra uomini e donne: il 51% delle acquisizioni di cittadinanza si riferisce al collettivo straniero maschile e il 49% a quello femminile (in numeri assoluti 103mila contro 98mila). Anche se invero nel 2015 tale rapporto era di quasi assoluta parità con circa 89mila acquisizioni di cittadinanza sia per gli uomini sia per le donne. Poiché in Italia risiedono più femmine che maschi, il divario aumenta con riferimento ai tassi di acquisizione relativi: 43 acquisiti alla cittadinanza italiana ogni mille residenti tra i maschi contro 37 ogni mille tra le femmine.
Il numero maggiore di acquisizioni si registra tra i minori di 20 anni. I dati Istat più aggiornati per età, relativi al 2016 ma riferiti ai soli extracomunitari, segnalano che la maggioranza assoluta delle acquisizioni di cittadinanza in Italia durante l’ultimo anno ha riguardato minori di 30 anni. Ciò vale sia tra i maschi, sia tra le femmine. Rapportando le cittadinanze concesse con il numero di soggiornanti regolari per età al 1° gennaio 2016, tuttavia, Fondazione ISMU può aggiungere come i tassi di acquisizione maggiori di tutti si possono calcolare precisamente per i minori di 20 anni (pari al 60 per mille tra i maschi, al 67 per mille tra le femmine, e al 63 per mille nel complesso) e che i 20-29enni mostrano tassi di acquisizione più bassi (36 per mille i maschi, 41 per mille le femmine, 38 per mille in totale) e inferiori solo a quelli degli ultrasessantenni (22 per mille i maschi, 16 per mille le femmine, 18 per mille in totale), oltre che alla media complessiva degli extracomunitari (che risulta pari al 50 per mille, 51 tra i maschi e 49 tra le femmine). Infatti, è possibile calcolare tassi di acquisizione di cittadinanza superiori a quelli dei 20-29enni anche tra i 50-59enni (del 41 per mille, 48 tra i maschi e 35 tra le femmine) e tra i 40-49enni (pari al 52 per mille, 57 tra i maschi e 47 tra le femmine). Inoltre i dati del 2015 permettono un’analisi più complessiva su tutti gli stranieri, per età e motivo dell’acquisizione di cittadinanza: e da questo punto di vista anche con riferimento a comunitari ed extracomunitari, complessivamente considerati, i minori di 20 anni confermano già a legislazione corrente il tasso di acquisizione di cittadinanza più elevato, pari al 60-61 per mille sia tra i maschi sia tra le femmine, rispetto a quelli delle altre fasce d’età che si aggirano tutti piuttosto fra il 19 e il 38 per mille. E tra i minori di 20 anni tutte le acquisizioni di cittadinanza italiana sono avvenute per elezione o trasmissione, mentre tra i maggiori di 20 anni esse sono derivate per la maggior parte da motivi di lunga residenza e, con percentuali differenti a seconda dell’età e del genere, in secondo luogo via matrimonio. Da quest’ultimo punto di vista si può infine aggiungere come le motivazioni “per trasmissione o elezione” hanno a che fare tutte con persone minori di 20 anni, mentre quelle per matrimonio si possono collocare ad un’età media di 40 anni e quelle per residenza di circa 42.