Il pubblico scaligero ha tributato un grande successo allo spettacolo mozartiano che universalmente fa sempre tremare il cuore a tutti noi. Questa volta si è trattato di una ripresa di qualche anno fa con la regia di Robert Carsen sotto la direzione musicale di Paavo Jarvi. Questa volta ricordo una frase di Goethe che nel suo viaggio in Italia cita il mito di don Giovanni nella sua versione primigenia di Tirso e Molina nella quale il Bruto incurante del Divino ironizza sarcasticamente sulle proprie doti di conquistatore di donne sfidando insolentemente il Trascendente che lo avrebbe poi trascinato all’Inferno.
Ernesto Schiavi, piacentino, Presidente della Filarmonica della Scala, vive insieme all’intera compagnia orchestrale, la tragedia dell’Antieroe e concorda con la Direzione drammaticissima di Paavo Jarvi. Dall’inizio alla fine la musica è incalzante, i ritmi sostenutissimi, con una forte accentuazione delle tonalità minori. Infatti dall’ouverture in re minore pochissime sono le oasi di colore maggiore che conferiscono un po’ di giocosità all’opera.
Don Giovanni è di per sé un dramma giocoso durante il quale gli episodi si susseguono nel pieno rispetto delle unità aristoteliche ma i personaggi sono come tanti figuranti fuori dal tempo e dallo spazio perché incarnano la tragica morale dell’effimero.
Il direttore d’orchestra, Paavo Jarvi è un grande conoscitore della filologia per la quale ha un sacro rispetto; il suo gesto è forte e vigoroso e intensissima l’energia che emana. Durante tutta l’opera lo spettatore resta come paralizzato dal terrore scenico del personaggio di don Giovanni.
Don Giovanni (Thomas Hampson) è un don Giovanni moderno che approccia il suo personaggio con spregiudicatezza e beffardaggine. Significativa è la scena del cambio degli abiti attorno alla quale ruota tutta l’opera. La voce di don Giovanni è potente e insinuante. Brutale fino alla fine quando, tornando su dagli Inferi, si fuma una sigaretta. Leporello (Luca Pisaroni) è un servo fedele e infingardo insieme; egli ha paura del suo padrone ma anche della propria sopravvivenza; pertanto non osa contrastare don Giovanni. La sua è una voce cristallina e pugnace. Splendida la donna Anna (Hanna-Elisabeth Muller) profondamente tragica e lirica nelle sue grandi arie soliste. Donna Elvira (Anett Fritsch), innamoratissima del marito don Giovanni, non si arrenderà fino alla fine, fino a quando non lo vedrà a cena con il Commendatore. Entusiasti e leggiadri, Zelinda (Giulia Semenzato) e Masetto (Mattia Olivieri). Sublime la voce di don Ottavio (Bernard Richter), un perfetto aristocratico del ‘700 fervente ed appassionato nel suo ruolo di innamorato fedele.
Interessante la regia di Robert Carsen che riduce la virtualità dei personaggi accentua gli aspetti affettivi e psicologici conferendo al tutto una dignità unitaria di grande pathos. Lineari le scene di Michael Levine come i costumi di taglio moderno. Anche il coro vive la tragedia da spettatore ignaro ma nel contesto della festa e delle danze esso si muove come un personaggio vero e proprio. In questo don Giovanni l’immaginazione di ognuno di noi spazia liberamente e colloca l’Eroe in una propria dimensione: questa è l’universalità di Mozart.
Maria Giovanna Forlani