Non accenna a placarsi la crescita degli infortuni sul lavoro nel nostro Paese. I dati diffusi ieri dall’INAIL, attraverso gli Open data, segnano un ulteriore aggravamento di un bilancio che diventa sempre più intollerabile.
Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto nei primi dieci mesi di quest’anno, infatti, hanno fatto registrare un saldo molto pesante e pari a +9,4%: 945 morti sul lavoro, vale a dire 81 in più rispetto agli 864 denunciati tra gennaio e ottobre del 2017. Nel solo mese di ottobre le morti segnalate sono state 68, ovvero 11 in più rispetto alle 67 dello stesso mese del 2017.
“Stiamo assistendo impotenti ad un drammatico crescendo – dichiara il Presidente territoriale dell’ANMIL Giovanni Ferrari – che già nei primi otto mesi dell’anno aveva registrato un aumento degli infortuni mortali del 4,5%, salito poi a +8,5% nel mese successivo per toccare, infine, quota +9,4% nell’ultima rilevazione, sebbene un peso notevole, in questa triste contabilità, spetti sicuramente alla lunga catena di quelli che tecnicamente vengono denominati ‘incidenti plurimi’, che sono in effetti quelli che accadono proprio nei settori più rischiosi”.
“Ma quello che ci colpisce (e non certo sorprende) – aggiunge Ferrari – è che la crescita delle morti sul lavoro ha riguardato in particolare i lavoratori under 34 (da 147 a 171 casi) e gli over 65 (da 65 a 71 casi) dimostrando che a pagare i costi umani più pesanti sono ancora i lavoratori più giovani, vittime innocenti di un sistema lavoro sempre più precario ed insicuro, e gli anziani che, dopo lunghi decenni di lavori pesanti ed usuranti, vedono ancora lontano il sospirato traguardo di una serena pensione, sebbene non possano più confidare su una prestanza fisica adeguata a certi ambiti lavorativi”.
Le statistiche relative ai primi dieci mesi dell’anno indicano, inoltre, un aumento anche degli infortuni lavorativi nel loro complesso, seppure in misura molto più contenuta (+0,2%), ma che segna comunque un’inversione di tendenza rispetto ai mesi precedenti e, come visto per le denunce di infortuni mortali, anche per gli infortuni in generale si rilevano incrementi nelle fasce di età fino a 29 anni (+4,1) e tra i 60 e i 69 anni (+5,8%).
“Questi sono numeri che ci impongono di rivolgere il massimo impegno alla diffusione della cultura della sicurezza e alla formazione professionale, soprattutto ai giovani e ai meno giovani
– commenta il Presidente dell’ANMIL – ma non dovrebbe trattarsi di una formazione meramente normativa, quanto piuttosto di una formazione con un approccio metodologico nuovo, basato su un’analisi innovativa del rischio e sul valore e l’efficacia della testimonianza, cioè del racconto diretto di una persona che ha subìto un infortunio. I dati mostrano chiaramente che se, da un lato, sono i giovani a pagare il prezzo della precarietà e dell’incertezza, dall’altro i lavoratori più anziani si ritrovano a dover contrapporre all’esperienza, il peso di condizioni di lavoro spesso logoranti.
Dobbiamo saper guardare a queste differenze, accrescere la consapevolezza e la formazione dei giovani e saper accompagnare chi è già da molto tempo nel mercato del lavoro con forme di uscita dignitose e rispettose della loro salute e integrità fisica”. A livello di settore gli incrementi maggiori si riscontrano nell’Industria e in particolare nelle Attività manifatturiere dove, per i soli incidenti avvenuti in occasione di lavoro (escludendo dunque quelli in itinere), l’incremento è stato dell’11,2% (passando da 62.000 a 69.000 circa) mentre i morti da 83 sono diventati 88.
Nella nostra Provincia, in particolare, si registrano aumenti considerevoli sulle denunce di infortuni (+ 5.7%, da 3.616 nel 2017 a 3.825 nel 2018), ed i decessi, sempre riferiti allo stesso periodo gennaio-ottobre (da 5 nel 2017 a 6 nel 2018).
“Sconcerto e profondo dolore – conclude Giovanni Ferrari – sono i sentimenti che noi dell’ANMIL, ma sono certo di parlare a nome di tutta la collettività, proviamo di fronte all’impressionante sequenza di tragedie che quest’anno sta insanguinando in lungo e largo il nostro Paese. A partire dalla tragedia causata dal crollo del ponte Morandi a Genova (15 lavoratori morti oltre i molti civili) agli incidenti stradali in Puglia in cui hanno perso la vita 16 braccianti extracomunitari, sino ad arrivare alle quattro persone travolte da una frana in una condotta fognaria a Isola Capo Rizzuto in Calabria ed ai cinque lavoratori coinvolti in due incidenti stradali nel Lazio e in Lombardia, per citare solo i casi più eclatanti. Mai come in questo caso ci rendiamo conto che la sicurezza è figlia diretta della corretta prevenzione e la mancanza di verifiche nella costruzione e manutenzione delle infrastrutture, la carenza di ispezioni e controlli, la scarsa adozione di misure collettive ed individuali di protezione, stanno generando una situazione cui non possiamo restare indifferenti. Soprattutto pensando che dietro questi numeri spesso ci sono i nostri figli”.
Anche recentemente tragici incidenti in provincia di Piacenza