Confedilizia e Proprietà fondiaria denunciano che la determinazione del costo di costruzione ancorata ai valori Omi, che vuole mettere in atto la Regione Emilia-Romagna, si pone in aperto contrasto con la normativa nazionale, la quale prescrive l’adozione di tutt’altro criterio, con evidenti conseguenze in termini di legittimità. L’art. 16, comma 9, D.P.R. n. 380 del 6.6.2001 (T.U. per Edilizia), prevede infatti, per quanto di interesse, che il costo in questione sia “determinato periodicamente dalle Regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata”, come definiti dalle stesse Regioni. E tale previsione, per la quale non si rinviene alcuna norma che, ai fini che interessano, ne prevede l’aggiornamento, non può non essere considerata, all’evidenza, un principio posto dal legislatore statale a garanzia dell’uniforme adozione, su tutto il territorio nazionale, di un unico criterio di calcolo; un principio, quindi, fondamentale per la disciplina edilizia.
A sostegno di questa tesi depone l’orientamento della Corte costituzionale sul tema, la quale ha annoverato, tra i principi fondamentali in materia edilizia, le disposizioni caratterizzate dalla finalità di offrire, ad un interesse comune, “una protezione unitaria sull’intero territorio nazionale” (sent. n. 125 del 26.5. 2017).
Ma se è così, allora, è appena il caso di rammentare che – in applicazione del dettato costituzionale di cui all’art. 117, terzo comma – l’art. 2 (“Competenze delle Regioni e degli enti locali”) del predetto D.P.R. n. 380/2001 dispone espressamente, al comma 1, che “le Regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalla disposizioni contenute nel testo unico”.
Prevedere la determinazione del costo di costruzione legata ai valori Omi piuttosto che ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata significa disattendere palesemente questa impostazione per condurre, in sostanza, un’operazione in grande stile di aggravio dei costi di costruzione (in un momento in cui lo stato del settore proprio non ne avrebbe bisogno) a beneficio degli enti pubblici interessati e a carico dei risparmiatori nell’edilizia.