“Accogliendo l’invito della nostra segretaria generale Susanna Camusso a manifestare contro la violenza maschile sulle donne, sabato pomeriggio 30 settembre saremo in piazza Cavalli a volantinare per sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema che ha ormai perso il carattere dell’emergenza per diventare cronaca quotidiana” così in una nota Manuela Calza, della segreteria confederale della Cgil di Piacenza, e Maura Cesena, del coordinamento donne Spi Cgil, annunciano la manifestazione di sensibilizzazione indetta dalla Cgil per questo sabat0. Il ritrovo sarà alle ore 16:30 in piazzetta S. Francesco (statua del Romagnosi).
“Riprendiamoci la libertà!”. Con questo slogan la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso invita tutte le donne a scendere nelle piazze italiane sabato 30 settembre contro la violenza maschile sulle donne.
Per la Cgil «il linguaggio utilizzato dai media e il giudizio su chi subisce violenza, su come si veste o si diverte, rappresenta l’ennesima aggressione alle donne. Così come il ricondurre questi drammi a questioni etniche, religiose, o a numeri statistici, toglie senso alla tragedia e al silenzio di chi l’ha vissuta». Da qui l’appello «agli uomini, alla politica, ai media, alla magistratura, alle forze dell’ordine e al mondo della scuola per un cambio di rotta nei comportamenti, nel linguaggio, nella cultura e nell’assunzione di responsabilità».
Siamo uscite dal silenzio, dicono le organizzatrici, abbiamo detto «se non ora quando» ed ancora «non una di meno», abbiamo denunciato i diritti negati con la piattaforma Cedaw. Abbiamo colorato piazze, città, la rete, le nostre vite perché vogliamo vivere ed essere libere.
Reagiamo con la forza della nostra libertà all’insopportabile oppressione del giudizio su come ci vestiamo o ci divertiamo. Ci vogliamo riprendere il giorno e la notte, perché non c’è un «mostro» o «un malato» in agguato, ma solo chi vuole il possesso del nostro corpo, della nostra mente, della nostra libertà. Non ci sono mostri o malati, ma solo il rifiuto di interrogarsi, il chiamarsi fuori che alla fine motiva e perpetua la violenza.