La stragrande maggioranza dei comuni piacentini, tra cui il capoluogo, si è espressa ufficialmente contro il trattato internazionale di libero scambio tra Unione Europea e Canada, il cosiddetto “Ceta”. La presa di posizione dei comuni arriva a supporto dell’azione di Coldiretti, che ritiene che l’accordo CETA sia un “regalo alle grandi lobby industriali dell’alimentare che colpisce il vero Made in Italy e favorisce la delocalizzazione, con riflessi pesantissimi sul tema della trasparenza e delle ricadute sanitarie e ambientali”.
Coldiretti ha ribadito la sua contrarietà proprio in occasione dell’entrata in vigore provvisoria dell’accordo economico e commerciale globale (Ceta) tra l’Unione Europea e il Canada.
Per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima – denuncia la Coldiretti – in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali. La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese ma – sottolinea la Coldiretti – è soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi anche emergenti che sono autorizzati così a chiedere le stesse concessioni. Secondo la Coldiretti su un totale di 291 denominazioni italiane riconosciute, ben 250 non godono di alcuna tutela. Dei 44 prodotti a denominazione di origine dell’Emilia Romagna, solo 12 vengono riconosciuti dal Ceta, mentre gli altri 32 non avranno nessuna tutela. Tra questi ci sono purtroppo i salumi dop piacentini. La Coldiretti è quindi impegnata in una mobilitazione permanente contro la ratifica del trattato con l’iniziativa condivisa con un’inedita ed importante alleanza con altre organizzazioni (Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch).
“Le delibere dei comuni piacentini– commentano il presidente e il direttore di Coldiretti Piacenza Marco Crotti e Giovanni Luigi Cremonesi – sono il monito dell’attenzione della politica alla vicenda che ha aperto un dibattito sociale importante”.