Giovedì 25 maggio alle 10.15 torna “Bambini…all’Opera!”, ideato e diretto da Corrado Casati nell’ambito del progetto Educazione alla Musica della Fondazione Teatri di Piacenza, realizzato con il contributo di Fondazione Piacenza e Vigevano e Rotary Club Piacenza Farnese, in collaborazione con il Comune di Piacenza. L’emozione dell’opera lirica vissuta direttamente dai bambini, impegnati sul palcoscenico a recitare e cantare scene di celebri titoli del grande repertorio.
Saliranno sul palcoscenico del Teatro Municipale più di cento alunni, provenienti dalle classi 4A e 4B della Scuola primaria De Amicis e dalle classi 4A, 5A, 5B, 5C della Scuola Due Giugno. Saranno gli interpreti dello spettacolo “ComicOpera – Gianni Schicchi di Siviglia, di Lammermoor, ecc. ecc.”, liberamente adattato dal “Gianni Schicchi” di Giacomo Puccini. Con i bambini sul palco anche i cantanti Graziano Dallavalle, Carlo Nicolini, Ruggiero Lopopolo, Aronne Rivoli e Paola Quagliata, tutti diretti da Corrado Casati, con l’assistenza alla regia di Agostino Bossi. E il pubblico seduto in platea sarà composto a sua volta da alunni e insegnanti delle Scuole Primarie di Piacenza.
La trama dello spettacolo e i brani scelti da Casati si rifanno dunque al pucciniano Gianni Schicchi, con alcune libere incursioni tra Rossini, Verdi, Offenbach.
Corre l’anno 1299: Gianni Schicchi, famoso in tutta Firenze per il suo spirito acuto e perspicace, viene chiamato in gran fretta dai parenti di Buoso Donati, un ricco mercante appena spirato, perché escogiti un mezzo ingegnoso per salvarli da un’incresciosa situazione: il loro congiunto ha infatti lasciato in eredità i propri beni al vicino convento di frati, senza lasciare nulla ai suoi parenti.
Inizialmente Gianni Schicchi rifiuta di aiutarli a causa dell’atteggiamento sprezzante che la famiglia Donati, dell’aristocrazia fiorentina, mostra verso di lui. Le preghiere della figlia Lauretta, innamorata di Rinuccio, il giovane nipote di Buoso Donati, lo spingono però a tornare sui suoi passi e a escogitare un piano, che si tramuterà successivamente in beffa. Dato che nessuno è ancora a conoscenza della dipartita, ordina che il cadavere di Buoso venga trasportato nella stanza vicina in modo da potersi lui stesso infilare sotto le coltri, e dal letto del defunto, contraffacendone la voce, dettare al notaio le ultime volontà.
Così infatti avviene, non senza che Gianni Schicchi abbia preventivamente assicurato i parenti circa l’intenzione di rispettare i desideri di ciascuno, tenendo comunque a ricordare il rigore della legge, che condanna all’esilio e al taglio della mano non solo chi si sostituisce ad altri in testamenti e lasciti, ma anche i suoi complici. Schicchi declina dinanzi al notaio le ultime volontà e quando dichiara di lasciare i beni più preziosi – che nello spettacolo dei bambini sarà il Teatro Municipale di Piacenza – al suo «caro, devoto, affezionato amico Gianni Schicchi», i parenti esplodono in urla furibonde. Ma il finto Buoso li mette a tacere e infine li caccia dalla casa, divenuta di sua esclusiva proprietà. Lauretta e Rinuccio si abbracciano teneramente; mentre Gianni Schicchi sorridendo contempla la loro felicità, compiaciuto della propria astuzia. Il protagonista, rivolgendosi al pubblico, invoca l’attenuante di avere agito nell’interesse dei due giovani e del loro amore.
Tra i bambini, che interpretano i parenti di Buoso Donati, si innesca una “sfida” cantata. A chi sarà lasciata veramente l’eredità?
I personaggi originali dell’opera sono stati dunque mantenuti e così pure l’intreccio degli avvenimenti. Buoso Donati però non sarà un ricco Signore di Firenze del 1200, ma il benefattore della scuola Due Giugno di Piacenza. I bambini cercano il testamento, ma il vecchio Buoso ha fatto un errore: ha lasciato tutto ai bambini della scuola Due Giugno di Fidenza! Gli alunni delle due scuole si sfidano cantando arie d’opera: quelli di Piacenza interpretano brani tristi e carichi di pathos, mentre i bambini di Fidenza cantano arie allegre e vivaci. Allora i piacentini chiamano Gianni Schicchi in aiuto. Chi avrà alla fine davvero l’eredità?
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