In Emilia Romagna acqua potabile senza pesticidi. Nessuna traccia di glifosate e del metabolita Ampa, ossia il composto derivante dalla sua trasformazione, nelle acque potabili dell’Emilia-Romagna. È quanto emerge della prima campagna di monitoraggio avviata dalla Regione, attraverso l’Agenzia regionale per la prevenzione ambientale e l’energia (Arpae). Da ottobre a dicembre 2018, sono stati analizzati cento campioni di acque potabili afferenti alla rete di distribuzione del servizio idrico. Un’attività possibile grazie all’acquisto di un apposito strumento ad alta specializzazione con il finanziamento di 450 mila euro stanziati dalla Regione.
Le indagini hanno riguardato anche i corsi d’acqua superficiali, con 200 rilevazioni nel periodo tra giugno e fine anno. I punti di controllo sono stati scelti comprendendo varie tipologie di corpi idrici (fiumi, torrenti, laghi, canali) e tenendo in considerazione la loro localizzazione, le pressioni ambientali a cui sono esposti – ad esempio l’utilizzo del glifosate in attività agricole o extra agricole – e la portata idrologica. Per il glifosate, allo stato sono state trovate tracce in alcuni corsi d’acqua superficiali, con valori leggermente superiori alla norma relativa ai pesticidi e più diffusi per Ampa. Si tratta però di dati parziali, riferiti solo all’ultimo semestre. Per garantire una lettura corretta e definire la classificazione dello stato ecologico dei corsi d’acqua, è necessario svolgere un monitoraggio di durata annuale, come previsto dalla legge di settore.
“La Regione Emilia-Romagna è tra le prime in Italia ad aver avviato una campagna di rilevazione di glifosate e Ampa, investendo risorse importanti per l’acquisto delle tecnologie necessarie: i risultati sulle acque potabili sono un’ulteriore conferma dell’efficacia dei processi di potabilizzazione attivi sul nostro territorio- afferma l’assessore regionale all’ambiente, Paola Gazzolo-. Su fiumi e acque superficiali i dati sono preliminari: nel 2019 il lavoro continuerà per coprire l’intero arco di dodici mesi e solo così sarà possibile interpretare nel modo corretto lo stato ecologico dei corpi idrici. Proseguirà inoltre – conclude – l’impegno di Arpae nell’approfondimento delle conoscenze relative al profilo tossicologico del glifosate e delle molecole correlate, in collaborazione con il Ministero della Salute italiano e altre Istituzioni europee e internazionali. L’attenzione è massima, come dimostrano le limitazioni all’uso del glifosate in aree frequentate dalla popolazione introdotti in Emilia-Romagna già dal 2016: l’obiettivo è prevenire rischi per la salute umana e l’ambiente”.
“Siamo da sempre impegnati nella riduzione dell’uso di prodotti chimici in agricoltura e nella promozione di pratiche di coltivazione sostenibili- spiega l’assessore regionale all’Agricoltura, Simona Caselli-. Grazie al costante lavoro del Servizio fitosanitario regionale e ai fondi del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) e dell’OCM ortofrutta abbiamo portato la superficie a biologico a 152.000 ettari, quasi raddoppiando il dato del 2014, ed esteso l’applicazione dei disciplinari di produzione integrata, che prevedono un uso ridotto e mirato dei prodotti di sintesi, alla maggioranza delle colture ortofrutticole e viticole, con 110.000 ettari sostenuti da aiuti diretti. Quanto al glifosate, i nostri disciplinari dal 2019 prevedono una riduzione del 70% della dose da etichetta per le colture frutticole e viticole e di quasi l’80% per quelle orticole, più una serie di divieti d’uso specifici per i capofossi e le zone marginali aziendali. Siamo consapevoli che occorre non solo ridurre ma trovare anche dei sostituti al glisofate, considerando il fatto che l’autorizzazione all’uso scade comunque a fine 2022. Proprio per questo con il PSR sosteniamo anche progetti per la sperimentazione di metodi e tecniche innovative, come l’agricoltura di precisione, che contribuiranno a individuare alternative praticabili e a ridurre ulteriormente l’uso di erbicidi e pesticidi minimizzando le dispersioni in ambiente”.
Di cosa stiamo parlando
Il gliofosato, o glifosate, è l’erbicida (la molecola ad azione fitosanitaria) più impiegato al mondo. In Italia il ministero della Salute ha emanato un decreto – entrato in vigore nell’agosto 2016 – che tra l’altro ne vieta l’uso in fase pre-raccolta dei prodotti agricoli e nelle aree urbane frequentate da bambini e anziani.
Prima della norma statale, nel mese di aprile, la Regione Emilia-Romagna ha approvato linee guida che ne hanno vietato l’impiego in aree frequentate dalla popolazione: parchi, giardini, campi sportivi e aree ricreative, cortili e aree verdi all’interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie.
L’impegno della Regione per ridurre i pesticidi in agricoltura
La Regione Emilia-Romagna, attraverso il lavoro del servizio fitosanitario e i fondi del Programma di sviluppo rurale (Psr) e dell’Organizzazione comune di mercato (Ocm Ortofrutta), promuove da tempo pratiche agricole a ridotto impatto ambientale come l’agricoltura biologica, che non utilizza prodotti di sintesi, e la produzione integrata, che prevede l’adozione di specifici disciplinari per ridurre ed ottimizzare l’utilizzo di tali prodotti.
Grazie a questo impegno, che nel 2018 ha mobilitato risorse per 56 milioni di euro, la superficie coltivata a biologico ha raggiunto l’estensione di 152.400 ettari, il 15% della superficie agricola utilizzata regionale, con un incremento del 74% rispetto al 2014, anno di inizio della nuova programmazione. Mentre le superfici oggetto di contributi per la produzione integrata hanno raggiunto i 110.000 ettari, l’11% della superficie agricola regionale, interessando in particolare le coltivazioni ortofrutticole. La superficie interessata dall’applicazione dei disciplinari di produzione integrata (Dpi) risulta comunque ben superiore a quella beneficiaria di aiuti nell’ambito del Psr o Ocm.
I disciplinari della produzione integrata contengono norme tecniche più restrittive rispetto a quelle di legge che si applicano per le coltivazioni con pratiche convenzionali. Per quanto riguarda in specifico il glifosate, i disciplinari prevedono il divieto di utilizzo nelle tare aziendali e nei capofossi; per le colture frutticole e la vite da inizio anno è stato introdotto l’obbligo di localizzare l’intervento in bande lungo le fila su una superficie massima del 30% (riduzione del 70% della dose di etichetta); per le colture estensive, industriali ed orticole, sempre da inizio anno è stato introdotto il vincolo di utilizzare il prodotto ad una dose massima di 2 l/ettaro/anno (riduzione dell’78% del quantitativo complessivamente distribuibile dall’azienda agricola).