Avevano messo in piedi un piccolo (si fa per dire) "impero" del malaffare sfruttando le disgrazie altrui: creavano ad hoc o rilevavano società in via di fallimento operanti nel campo dell'autotrasporto per poi "spolparle" e rivendere beni a terzi. Beni che, in realtà, dovevano toccare ai creditori. In questo modo facevano soldi. Molti soldi. Basti pensare che durante la perquisizione nella casa dell'indagato principale sono state trovate negli armadi 50 giacche con nascoste nelle tasche migliaia di euro, a dimostrazione di quanta disponibilità di denaro avessero.
Gli inquirenti ipotizzano una distrazione di beni per ben 11 milioni di euro. Questa l'accusa, insieme con quella dell'autoriciclaggio (norma entrata in vigore a inizio gennaio), di cui devono rispondere quattro persone finite in arresto per mano niente meno che della Direzione investigativa antimafia e della Guardia di Finanza di Piacenza. Tre di questi sono già in carcere, la custodia della quarta persona è imminente.
I tre finiti in manette all'alba sono: Riccardo Trusendi, "faccendiere" considerato il personaggio chiave di questa parte dell'inchiesta, residente a La Spezia; Roberto Piras, vecchio contrabbandiere poi riciclatosi nel mondo del narcotraffico e, a quanto dice la Dia, fiancheggiatore dell'n'drangheta; e Gabrielle Baldar, avvocato con parecchi interessi al nord e con legami – ancora tutti da chiarire – con il mondo della politica, dell'alta finanza e delle banche e che veniva sfruttata ora collaboratrice per gli affari ora per sanare posizioni processuali pendenti degli amici.
Soprattutto ai primi due dunque, erano riconducibile almeno una ventina di aziende, tra quelle moribonde e quelle create ad arte, collocate in varie zone del nord, dalla Liguria al Piemonte, dalla Toscana all'Emilia Romagna.
Tra le ditte che avevano creato ad hoc, era il 2008, anche la Caorso Trasporti, "riempita" di qualcosa come 337 autoveicoli, poi venduti a compratori ignari per fare cassa dopo averne dichiarato il fallimento. Alla Caorso Trasporti, come in altri casi, il curatore fallimentare trovava le casse vuote, con buona pace dei creditori. Sono stati intercettati conti a loro riconducibili in svariate banche estere, Svizzera, in Francia, nel Principato di Monaco. Sono state accertate operazioni importanti, per milioni di euro, in Bulgaria; volevano portare il gas in Sardegna dall'Algeria. "Personaggi di un certo calibro – ha detto il colonnello Sandro Sandulli, capo centro della Direzione Investigativa Anitmafia di Genova – che maneggiavano quantità spropositate di soldi e che nelle intercettazioni telefoniche dimostravano di agire senza scrupoli". Un'inchiesta "complessa e difficile per ricostruire tutto il flusso del denaro" che però è solo agli albori, hanno specificato i piemme piacentini Antonio Colonna e Roberto Fontana.
IL COMUNICATO STAMPA
L’odierna attività trae spunto da indagini relative a personaggi contigui alla criminalità organizzata di matrice ‘ndranghetista facenti capo a ROMEO Domenico, tratto in arresto dal Centro Operativo DIA, nel novembre 2014 e sottoposto a misura di prevenzione personale e patrimoniale, emessa dal Tribunale di La Spezia.
Dalle prime ore della mattinata odierna è in atto una vasta operazione condotta dagli uomini della DIA di Genova, coadiuvati da personale delle Forze di polizia territoriali, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Piacenza, che ha portato all’arresto di PIRAS Roberto, TRUSENDI Riccardo e BALDAR Gabrielle, nonché alla misura coercitiva degli arresti domiciliari a carico di una quarta persona, ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di falso, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza delittuosa e trasferimento illecito di valori, attraverso l’alienazione, anche all’estero, dei patrimoni aziendali di società dichiarate fallite, tutte riconducibili al TRUSENDI, in modo da ostacolarne l’accertamento della provenienza delittuosa. Da ultimo, il gruppo criminale stava per realizzare un importante investimento – che inizialmente superava 40 milioni di euro – in Sardegna, con primarie aziende nazionali, nel settore della fornitura e distribuzione di gas, il cui contratto avrebbe dovuto essere stipulato a breve.
Il sodalizio criminale, nel tempo, si è altresì avvalso del determinante apporto di importanti professionisti italiani e stranieri che attraverso le società loro facenti capo, facilitavano il deposito di milioni di euro su conti correnti bancari accesi presso istituiti monegaschi e francesi.
In tale ambito operativo il personale dell’Articolazione ligure della DIA, con l’ausilio dei Centri Operativi di Milano, Torino e Firenze ha effettuato numerose perquisizioni in varie regioni del nord Italia, sia domiciliari che presso la sede di società dei soggetti indagati, dando contestualmente esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di molteplici quote societarie, beni mobili e immobili, rapporti bancari/assicurativi, titoli di credito, capitali sociali e partecipazioni societarie, tutti direttamente o indirettamente riconducibili alla disponibilità dei prefati, costituenti lo strumento delle condotte fraudolente e dell’impiego e alienazione dei beni illecitamente sottratti, il cui valore complessivo ammonta a circa 11 milioni di euro.