"Agente, qui non si vive più". Gli inquilini non ne potevano più di quei continui squilli al citofono e di quel viavai ad ogni ora del giorno e della notte. E così stanchi si sono rivolti alla Polizia Municipale. L'inchiesta della sezione di polizia giudiziaria (operazione "Laoda") ha portato alla luce una preoccupante realtà di sfruttamento della prostituzione cinese che si sviluppava in maniera fiorente in un appartamento di via Taverna, in un centro massaggi di via Manzoni (chiuso di recente) e in un altro appartamento collocato a Rosignano Marittimo (Livorno). Quattro le ordinanze di custodia cautelare emesse dal giudice, di cui tre in carcere ad altrettante donne: in gattabuia è finita X.K, 39 anni, cinese, considerata il boss dell'organizzazione, colei che prendeva gli appuntamenti telefonici é smistava i clienti; C.C., 36 anni, anch'ella cinese, considerata il suo braccio destro, gestiva il centro massaggi di via Manzoni; e la moldava C.K., 27 anni, preposta al centro massaggi. Disposto invece l'obbligo di presentarsi all'Autorità giudiziaria per un comasco di 50 anni che di fatto gestiva gli affari dell'appartamento per conto del proprietario. Il suo ruolo? Faceva da intermediario e riscuoteva l'affitto per conto del locatore dell'appartamento di via Taverna. Per tutti l'accusa è di sfruttamento della prostituzione. L'inchiesta, coordinata dal piemme Antonio Colonna, è nata quasi per caso quando nel novembre del 2013 un residente di via Taverna si è rivolto a un vigile che transitava in zona. "Qui non ce la facciamo più". Da quel momento è partita la segnalazione e da lì gli accertamenti degli agenti della Municipale. Tra appartamenti e centro massaggi – dove ovviamente si consumavano ben altre prestazioni – si contava un giro di decine di ragazze cinesi costrette di fatto a prostituirsi. Venivano reclutate dalla Cina con annunci su internet e una volta giunte in Italia con un banale permesso turistico e convinte di poter svolgere un lavoro normale, arrivava l'amara sorpresa di essere costrette a vendersi in totale clandestinità. Decine e decine anche i clienti che si recavano, chi al centro massaggi, chi all'appartamento di via Taverna, chi anche in Toscana. Soprattutto 40 enni, è stato riferito in conferenza stampa. Esorbitante il "fatturato": si stima che solo l'appartamento fruttasse alla banda 10 mila euro al mese. Ma ancor più incredibile la spartizione i guadagni: i vertici dell'organizzazione si tenevano il 50%, la restante metà era suddivisa tra tutte le ragazze cinesi: briciole con le quali dovevano sostentarsi, ma anche pagarsi le spese, la pubblicità, gli affitti. "Uno spaccato preoccupante" ha sottolineato il procuratore Salvatore Cappelleri che insieme con Colonna ha rivolto un plauso all'attività di indagine della Polizia municipale. Cappelleri ha anche sottolineato un aspetto non di poco conto rivolgendosi a chi mette in affitto i propri immobili: "Dico attenzione ai proprietari. Stiano attenti quando mettono in affitto i propri appartamenti. La non consapevolezza di ciò che si fa nell'immobile può portare anche a conseguenze penali e patrimoniali". Il comandante della Polizia municipale Massimiliano Campomagnani ha invece lodato la capacità di intervento e di ascolto dei suoi uomini. "Abbiamo saputo dare una risposta alle esigenze della cittadinanza".