Professionisti, ben equipaggiati e con una rete di informatori davvero notevole. Sono le caratteristiche che facevano della cosiddetta banda del “grimaldello bulgaro” un’organizzazione dedita ai furti particolarmente attiva sul nostro territorio, così come nelle province limitrofe.
Nei giorni scorsi erano già emersi alcuni dettagli di questo gruppo di 8 persone – tutte italiane e residenti nel Piacentino – ora in carcere alle Novate, che da qualche tempo (gli episodi contestati risalgono al novembre 2013) si erano dedicate alle razzie in case private, ma senza disdegnare qualsiasi obiettivo portasse profitto. Persino case di riposo o ospedali.
Gli arrestati sono: Antonio Agnelotti, 52 anni di Piacenza, Elisa Barnabò, 29 anni di Crema, Giuseppe Battaglini, 60 anni di Piacenza e pluripregiudicato, Valeriano Beltrame, 61 anni di Rovigo, Marisa Daveri, 47 anni di Piacenza, Cristian Febbrili, 40 anni di Piacenza, Piero Gandolfi, 42 anni di Piacenza, Pasquale Tortora, 67 anni di Piacenza, noto ristoratore.
Sono 19 i denunciati, sempre nell’ambito dell’inchiesta, per episodi occasionali nei quali avevano fornito informazioni o agito come ricettatori.
In mattinata la Procura, con una conferenza stampa sulle indagini ancora in corso, ha reso note le modalità con le quali agiva questa banda. Sicuramente di professionisti, come ha confermato il procuratore capo, Salvatore Cappelleri: “Come una persona si alza alla mattina per andare in ufficio, abbiamo potuto accertare che loro erano dediti ai furti”.
Delle 8 persone arrestate, alle quali è contestata l’associazione a delinquere, 3 di loro erano pregiudicate con precedenti specifici, mentre in un caso era incensurata ma di certo non meno pericolosa.
Quest’ultimo è il profilo della dipendente di un Compro oro di Piacenza, se non fulcro della banda, certamente un elemento fondamentale per poter avere le informazioni specifiche utili ai colpi. Si tratta, in buona sostanza, di una dipendente che grazie al suo lavoro aveva accesso ai dati personali dei soggetti che si rivolgevano al negozio. Oltre a ciò, riusciva ad instaurare un particolare rapporto con chi si rivolgeva al Compro oro, carpendo dettagli personalissimi su dove queste persone tenessero oggetti di valore o addirittura dove fosse collocata la cassaforte nella loro abitazione.
Informazioni dettagliate, che finivano nelle mani dei complici i quali, una volta scelto l’obiettivo, agivano a colpo sicuro.
Il titolare di una pizzeria, tra gli arrestati, fungeva invece da ricettatore. E infatti nella sua abitazione, durante le perquisizioni, sono stati trovati la maggior parte degli oggetti preziosi provento di questi raid.
Sono almeno 21 gli episodi accertati (dal novembre 2013) avvenuti in città e provincia ma anche oltre, nel Lodigiano e nel Cremonese. Nel Lodigiano la rapina era andata a segno a un Compro oro, sulla scorta proprio delle informazioni fornite dalla dipendente infedele, che aveva fatto sapere ai complici la mappatura delle telecamere, degli allarmi e dove si trovasse di preciso la cassaforte.
Nel Cremonese, invece, sono stati numerosi i furti in quasi un mese ininterrotto di attività assidua della banda. Che poi si era spinta persino nel Pavese, razziando una casa di riposo.
A spiegare come agivano ci ha pensato il pm Michela Versini, che coordina le indagini: “Professionisti che godevano di una rete di conoscenze per sapere dove si trovassero cassaforti o altri oggetti nel mirino e che avevano una notevole velocità di liberarsi della refurtiva.E’ questo l’aspetto distintivo del gruppo, rispetto ai normali ladri da appartamento. Inoltre – ha aggiunto – avevano a disposizione più di un’auto, particolarmente equipaggiate, con utenze telefoniche insospettabili per non far risalire al reale intestatario”.
Ulteriori dettagli sulla pericolosità di questo gruppo li ha illustrati il colonnello dei carabinieri, Luca Pietranera: “La banda era agguerrita con strategie di pianificazione di tipo militare. Eseguivano vere e proprie checklist persino sugli allarmi nei luoghi che volevano colpire e avevano questa formidabile rete di informatori che facilitava l’azione e di ricettatori per lo smercio immediato del maltolto. Comunque – ha sottolineato il colonnello – con questa operazione crediamo di aver rallentato la frequenza dei furti a Piacenza”.
Il procuratore capo, Salvatore Cappelleri, ha invece voluto rimarcare l’attività delle forze dell’ordine e dei sui uffici nell’intervenire “in un settore che curiamo in maniera particolare perché comprendiamo che il furto in appartamento è particolarmente odioso. Che spesso, purtroppo, sfocia in violenza nei confronti della persona”.
La banda era davvero ben equipaggiata. Oltre a informatori e ricettatori, poteva contare su un’attrezzatura tecnica di livello mai visto sul nostro territorio. Come apparecchi per schermare le zone da colpire (nelle quali non era più possibile effettuare comunicazioni tramite apparecchi fissi e mobili) oppure con l’ormai famoso “grimaldello bulgaro". Il quale, altro non è – ha spiegato il comandante Massimo Barbaglia – che uno strumento in uso ai ferramenta che, una volta inserito nella serratura, riesce a compiere un calco che permette la riproduzione fedele della chiave utile ad aprire sia porte che casseforti.
E gli obiettivi non erano mai banali. Miravano al denaro, naturalmente, ma anche all’oro, difficile da recuperare in seguito alla frammentazione. Colpi da 10-15mila euro ogni volta, oltre a qualche exploit: come il furto che ha permesso l’inizio delle indagini, nel Piacentino, da ben 200mila euro.
Non mancano nella lista degli oggetti sequestrati, comunque, decine di orologi, collane, pietre preziose o monete antiche.
Gli obiettivi, poi venivano scelti non solo grazie alle informazioni ma anche alla distanza. Il “lavoro”, infatti, era sempre entro un raggio di azione percorribile in una notte. Non tutti e 8 partecipavano all’azione. Alcuni agivano direttamente, altri fungevano da palo e uno da “staffetta” sulla quale salivano coloro che avevano compito materialmente il furto, mentre su un’altra vettura viaggiava un complice con la refurtiva.
Gli interrogatori, hanno fatto sapere gli inquirenti, hanno portato a numerose ammissioni, oltre a qualche aspetto davvero buffo. Come quando, è stato ricordato in conferenza stampa, durante l’interrogatorio davanti al Gip, uno degli arrestati, alla domanda se avesse sempre partecipato ai colpi ha risposto: “Solo a quelli che mi contestate”.
Ma a quanto pare sarà difficile smontare l’impianto accusatorio, anche perché in molti casi i protagonisti sono stati intercettati. E, oltre ai tanti elementi che confermerebbero la tesi della Procura, non sono mancate le ammissioni, alcune delle quali possono addirittura far sorridere. Proprio durante gli ascolti da parte dei carabinieri, per esempio, pare che uno degli appartenenti alla banda, che nel commentare un articolo di stampa che riportava l’attività delle forze dell’ordine, si sia lasciato andare dicendo: “Non si può più lavorare in santa pace”.
I carabinieri, infine, hanno fatto sapere che la refurtiva sequestrata sarà a breve a disposizione per i riconoscimenti.