Tre ergastoli per l’omicidio avvenuto di fronte al Baraonda: due per i fratelli Mersin e Donard Uku, e uno per Ramadani Bujari; otto anni di reclusione invece per Suada Zylyfi, accusata di sfruttamento della prostituzione (e coinvolta anche nell’omicidio di Sariano di Francesco Casella, dove avrebbe avuto il ruolo di istigatrice del figlio Adriano). Queste le richieste formulate dal piemme Emilio Pisante durante la requisitoria del processo con rito abbreviato per l’omicidio di Sadik Hajderi, 39 anni, avvenuto alla Lupa il primo settembre 2013. Un fatto di sangue che avvenne una domenica sera a due passi dal centro e che sconvolse la città. Sullo sfondo la lotta per spartirsi il controllo del territorio sulla prostituzione. A sparare materialmente era stato Mersin Uku, arrestato 48 ore dopo il delitto mentre cercava di imbarcarsi su un aereo diretto a Tirana dall’aeroporto di Malpensa.
Ai tre imputati per i quali è stato chiesto il carcere a vita con lo sconto dell’anno di isolamento diurno, la Pubblica accusa ha contestato l’omicidio premeditato nonché l’associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Per le difese invece – rappresentate in aula dall’avvocato Luca Curatti del foro di Cremona (per i fratelli Baku e per Suada) e dall’avvocato Mauro Pontini del foro di Piacenza (per Ramadani Bujari e una parte anche per Donard Baku) – l’omicidio non è stato premeditato né si configurerebbe il reato di associazione a delinquere e per queste aggravanti ha chiesto l'assoluzione. “E’ stato certamente un brutto fatto di sangue, impressionante – ha detto il legale Curatti – consistito in una serie di tensioni che hanno fatto scattare in chi non ha una mente lucida la decisione di sparare. Mersin aveva in mano una pistola, ma voleva solo spaventare Hajderi. Un omicidio dettato da un dolo d’impeto”. Le lunghe e articolate arringhe sono state pronunciate di fronte al giudice Adele Savastano. La sentenza è prevista per il 24 ottobre.