Annuario statistico, Piacenza invecchia ma un bambino su tre è straniero

Questa mattina a Palazzo Mercanti si è tenuta la presentazione dell’Annuario statistico del Comune di Piacenza. Erano presenti, l’assessora all’Innovazione e ai Servizi al Cittadino Giorgia Buscarini, il segretario generale Vincenzo Filippini e il professor Enrico Fabrizi, docente di Statistica Economica presso la Facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Piacenza. Di seguito pubblichiamo la sua introduzione all'annuario. 
L’obiettivo di questo annuario statistico è presentare alla comunità piacentina un insieme di dati utili per leggere il presente e riflettere sul futuro della città. In questa introduzione cercherò di fornire alcuni spunti di lettura che possano aiutare questa riflessione.
Iniziamo con alcune riflessioni sulla popolazione. Se guardiamo all’evoluzione del numero di abitanti a Piacenza dal dopoguerra ad oggi possiamo distinguere tre fasi: una forte crescita nei primi tre decenni dopo il conflitto, con una popolazione che passa dai 70.000 ai quasi 110.000 raggiunti alla metà degli anni ’70: sono gli anni delle migrazioni campagna – città, dello spopolamento delle nostre montagne, dell’espansione economica e del baby boom. A questa fase segue un periodo di moderata contrazione che dura per il resto del secolo: nel 2001 Piacenza scende a 95.000 abitanti. A questa fase ne segue una di espansione anch’essa moderata, fino ai 102.000 attuali. Nonostante un numero di abitanti relativamente stabile, gli ultimi quarant’anni sono stati caratterizzati da cambiamenti profondi, con profonde conseguenze sul presente e sul futuro della città. Semplificando un po’, possiamo identificare alcune grandi direttrici del cambiamento: l’allungamento della vita, la riduzione della natalità, l’immigrazione dall’estero, la crisi dell’istituto matrimoniale. Molti di questi cambiamenti non riguardano solo Piacenza, ma l’intero Nord Italia; tuttavia conviene declinarli nella realtà locale, per apprezzarne meglio la dimensione e le sfide che pongono alla comunità cittadina.
Si vive più a lungo. In Emilia-Romagna la speranza di vita è 81.0 per gli uomini, 85.4 per le donne (dati Istat 2014). Quarant’anni prima, nel 1974, la vita durava in media 11 anni in meno per gli uomini, 9 in meno per le donne. Ed erano già cifre in netta crescita rispetto ai decenni precedenti. Ci sono più anziani tra noi: su 102.000 piacentini, 25.500 hanno compiuto i 65 anni, 8.200 gli 80. Nascono meno bambini: 866 nel 2014. Al culmine del baby-boom, nel 1964 i nati registrati all’anagrafe furono 1.623, quasi il doppio. Alla natalità attuale siamo arrivati per effetto di una prolungata riduzione della fecondità: il tasso di fecondità totale, ovvero il numero medio di figli per donna, si è attestato nel 2014 a 1.46, ben lontano dal livello 2, che è quello che serve affinché una generazione sia in grado di sostituire la precedente. Si tratta di un valore elevato rispetto alla storia di questo indicatore dalla metà degli anni ’70 in poi: in particolare i valori registrati negli anni ’80 e ’90 furono bassissimi. Ancora nel 2000, il tasso di fecondità totale era a 1.15. Come conseguenza la popolazione invecchia: per ogni bambino piacentino (età 0-14) ci sono quasi due anziani (età >65). La bassa natalità, il saldo naturale (nati – morti) costantemente negativo, avrebbero comportato una riduzione della popolazione ben più forte di quella che si è dispiegata tra il 1975 e il 2000, se la tendenza non fosse stata arrestata dall’immigrazione dall’estero. Il numero di “stranieri residenti” registrati all’anagrafe è stato nel 2014 di 18.634; un numero che è cresciuto costantemente a partire dagli anni ’80, in modo molto sostenuto nella prima decade del nuovo millennio, molto di meno negli ultimi anni, segnati dalla crisi economica. Gli stranieri residenti sono mediamente molto più giovani degli italiani: se gli stranieri sono solo il 2% dei residenti con almeno 65 anni, arrivano al 34% nella fascia d’età 20-34, poco al di sotto tra i bambini con meno di 15 anni (29.7%). Gli immigrati hanno contribuito in modo considerevole alla natalità, soprattutto nel decennio scorso, quando per molti di loro, a seguito delle regolarizzazioni dei primi anni 2000, la posizione nel nostro paese si è stabilizzata. Le comunità nazionali di stranieri a Piacenza sono moltissime, le più numerose sono quelle albanese (2.706), macedone (2.099), rumena (1.934); tra quelle di provenienza non europea le più importanti sono quella marocchina (1.693) ed ecuadoriana (1.678). La distribuzione degli stranieri sul territorio della città non è omogenea: usando come riferimento gli stradari delle parrocchie, passiamo dai livelli molto alti di alcune zone del centro (42.5% dei residenti totali nello stradario di S. Savino, 34.5% per S. Anna) a quelli bassi di alcuni quartieri di periferia (4.5% per la parrocchia si S. Vittore) e di alcune frazioni.
Si accennava infine alla crisi del matrimonio. I piacentini si sposano di meno e quando lo fanno hanno raggiunto un’età più matura rispetto alle generazioni precedenti al compimento dello stesso passo. Nel 2014 sono stati celebrati a Piacenza 238 matrimoni, un po’ più del minimo storico di 219 (2011) ma molti di meno dei livelli degli anni ’80 e ’90, sempre ben sopra i 300. Incide sicuramente la riduzione numerica della popolazione dei giovani, ma ci sono altri fattori in gioco. A 35 anni di età, il 44.6% dei piacentini non ha mai contratto matrimonio (37.8% per le femmine, 51.1% per i maschi). Matrimoni tardivi hanno un effetto sulla fecondità, che ha meno tempo per dispiegarsi. Va detto però che il legame tra fecondità e matrimonio – tradizionalmente forte nella società italiana – si è indebolito, con un percentuale di nati da genitori non sposati che si attesta per il Nord Italia intorno al 30%. Sono sempre meno i matrimoni celebrati con rito religioso: 90 nel 2014 (38%). Anche tenendo conto dei molti stranieri non cattolici nelle fasce di età interessate al matrimonio, siamo di fronte ad una contrazione molto forte rispetto a trent’anni fa, quando tre matrimoni su quattro si celebravano in chiesa (e la percentuale era ancora più alta per i primi matrimoni). Le famiglie si sono progressivamente ridotte di dimensione: il 39% delle famiglie anagrafiche è composto da una persona sola, un altro 29% da due sole persone. Se ci focalizziamo sui nuclei famigliari composti da genitori e figli, nel 60% il figlio è uno solo, e solo nell’8% i figli sono tre o più di tre (da quattro in su nel 2% dei nuclei).
Tutte insieme queste linee di tendenza demografiche pongono sfide non semplici alla comunità cittadina; l’elevato numero di anziani implica un forte fabbisogno di assistenza e cure. Gli aiuti offerti dalla rete famigliare, a causa della riduzione della dimensione delle famiglie e di altri fattori (allungamento età pensionabile) sono sempre meno in grado di farvi fronte. Forti comunità di immigrati pongono il problema della loro integrazione. Non si tratta di problemi solo di oggi. Alcuni ci accompagneranno sicuramente anche nei prossimi decenni. La bassa natalità, ad esempio, è una tendenza difficile da invertire. Le donne che hanno tra 20 e 39 anni (che realizzano la maggior parte della fecondità) saranno in prospettiva sostituite da quelle ora in età 0-19; queste ultime sono però in numero inferiore del 25% e dovranno quindi essere nettamente più feconde solo per sostenere i livelli di natalità attuale.
Il futuro della città è strettamente legato alla sua capacità di accogliere e formare le nuove generazioni. Per questo l’Annuario dedica un capitolo all’Istruzione. Partendo dalla prima infanzia, possiamo notare come 601 bimbi piacentini frequentino un asilo nido. Si tratta del 23.1% dei bimbi nella fascia d’età 0-2, percentuale un po’ più bassa della media regionale dell’Emilia-Romagna (24.4%) di cui però va detto che è la più alta d’Italia. La media nazionale è ferma all’11.8% (per effetto di percentuali molto basse nel Sud), mentre quella del Nord-Est, ripartizione geografica di cui Piacenza fa parte è del 17.1%. Per 450 dei 601 posti complessivi nei nidi (comunali o privati) le famiglie partecipano a sostenere in varia misura le spese, mentre 150 posti sono completamente a carico delle famiglie. Una situazione buona nel contesto italiano, complessivamente arretrato rispetto ai principali paesi europei. Scuole materne ed elementari accolgono rispettivamente 2570 e 4347 alunni. Esse sono in prima linea oltre che nell’istruzione anche nell’inclusione sociale (sono frequentate da 172 portatori di handicap) e nell’integrazione dei bambini stranieri, specialmente la cosiddetta “seconda generazione”, costituita da nati in Italia da genitori con cittadinanza non italiana. Gli alunni stranieri sono il 28% degli alunni delle materne e il 26.5% di quelli delle elementari. A riguardo di queste ultime possiamo notare come la distribuzione degli stranieri sia molto diseguale tra i vari istituti. Si passa da scuole con meno del 10% di alunni stranieri residenti ad altre con percentuali molto elevate (oltre il 70% per alcune realtà del centro storico). Accanto alle scuole pubbliche sono presenti dalle materne fino alle superiori le scuole paritarie parificate. In termini di alunni il loro peso è notevole per le materne (34.8%) ma si riduce rapidamente nelle scuole del ciclo dell’obbligo (6.1% per le elementari, 1.9% per le medie) e per le scuole superiori (2.4%, che sale al 3.8% se ci limitiamo a considerare i soli licei). Riguardo alle scuole superiori, gli studenti che le hanno frequentate nell’anno scolastico 2014/2015 sono stati 9.356, provenienti non solo dal Comune di Piacenza ma anche dal circondario. Gli studenti dei licei sono il 38.4% del totale; se ad essi sommiamo l’11.1% di quelli dell’Istituto Magistrale, il loro numero pareggia sostanzialmente quello di tecnici e professionali che si dividono il rimanente 50.5% (29.5% ai tecnici, il 21% ai professionali). Le scelte dei ragazzi piacentini non sono lontane dalle medie nazionali e si discostano un po’ dalle medie del Nord Italia, dove i tecnici raccolgono percentuali leggermente più elevate. Gli studenti stranieri nelle scuole secondarie sono complessivamente il 14.1%; decisamente più rappresentati negli istituti professionali (30.2%) rispetto a tecnici (15.9%) e licei (5.5%).Sul territorio del comune sono presenti le sedi staccate di due atenei: il Politecnico di Milano e l’Università Cattolica del S. Cuore. Insieme offrono un ventaglio di scelte abbastanza ampio per il proseguimento degli studi dopo il diploma per gli studenti della città, oltre ad attrarre numerosi studenti da altre province e regioni. A livello di lauree triennali, tra le possibilità offerte dai due Atenei, la più popolare è Economia Aziendale (683 iscritti nel 2014/2015) seguita da Ingegneria Meccanica (315). Tra le magistrali è ancora la laurea economica in Gestione d’Azienda (361 iscritti) ad essere la più popolare.
L’annuario include un capitolo ciascuno a due temi che, seppur per ragioni diverse, sono al centro dell’attenzione e del dibattito cittadino: sicurezza e ambiente. Consideriamo la sicurezza. Il numero di reati denunciati a Piacenza nel 2014 è stato di 7.085, in calo del 12% rispetto al 2013 che però aveva fatto registrare il valore più alto degli ultimi 10 anni (i dati sono disponibili dal 2004). Tra i reati dominano i furti, circa il 60% del totale. L’incremento di questo tipo di reati negli ultimi anni ha destato allarme e preoccupazione nella popolazione. I furti denunciati nel 2014 sono stati 4.267, nettamente meno dei 4.936 dell’anno precedente, ma sempre ad un livello ben più elevato degli anni immediatamente precedenti e soprattutto degli anni prima del 2011 quando, con l’eccezione del 2007, il numero di furti si attestava sotto la soglia 3.000. Un discorso analogo, con numeri per fortuna ben minori, può essere ripetuto per le rapine. Questa dinamica del numero di furti e rapine è comune a molte altre realtà del nord Italia e non si presta ad una semplice lettura. Va tuttavia notato come esso sia salito in modo deciso in corrispondenza del peggioramento della congiuntura economica. L’ipotesi di una connessione tra reati economici e crisi economica è stata recentemente avvalorata da una pubblicazione del Centro Studi di Banca d’Italia (Temi di discussione n. 925). Sempre in tema di sicurezza, notizie ben migliori arrivano dai dati sugli incidenti stradali. Ancorché il periodo di osservazione sia relativamente limitato, è confermata per Piacenza la tendenza ad una riduzione sia del numero degli incidenti, sia delle gravità delle loro conseguenze. Nel periodo 2010-2014, il numero degli incidenti si è ridotto del 20% e quello dei feriti del 25%; si tratta di buoni dati, che confermano una tendenza di lungo periodo e comune anche ad altre realtà. Essa premia lo sforzo fatto da legislatori, amministratori, industria automobilistica e dalla società nel suo complesso per cercare di migliorare la sicurezza sulle strade e ridurre il numero il numero delle tragedie che ancora funestano le nostre strade.
L’ambiente suscita preoccupazione soprattutto a causa dell’inquinamento. Piacenza si trova al centro della Pianura Padana, una zona densamente popolata, caratterizzata da elevati livelli di produzione agricola ed industriale. Le condizioni climatiche favoriscono l’accumulo di sostanze inquinanti nell’aria. Per questa ragione, il contenimento delle concentrazioni di questi inquinanti è un problema di grande rilievo per la salute della popolazione. Se consideriamo ad esempio la concentrazione di particolato PM10 nell’aria, possiamo considerare come essa abbia superato la soglia di 50ug/m3 in 38 giorni nella stazione di traffico di via Giordani, 44 e 50 volte nelle stazioni periferiche di via Ceno e di Gerbido. Valori tutti al di sopra del tetto di 35 superamenti annui previsto dalla legge. Si tratta di valori per fortuna di molto inferiori a quelli, abbastanza drammatici, registrati fino a pochi anni fa: nel 2011, per le stesse centraline e lo stesso inquinante i superamenti erano stati rispettivamente 81, 74 e 79. Qualcosa è sicuramente stato fatto in tema di riduzione delle emissioni, ma occorre sempre cautela nell’interpretare i trend evolutivi delle concentrazioni di inquinanti: esse dipendono da molteplici fattori e le condizioni climatiche generali giocano un ruolo determinante; la mitezza degli ultimi due inverni potrebbe aver contribuito a moderare le emissioni. Questo potenziale effetto confondente delle condizioni meteorologiche è particolarmente evidente per la concentrazione di ozono troposferico. L’estate piuttosto mite del 2014 è la spiegazione più plausibile dell’apparente riduzione dei superamenti delle soglie di legge rispetto agli anni precedenti. Complessivamente emerge quindi un quadro complesso per l’inquinamento cittadino anche se non mancano segnali di miglioramento. Il comune di Piacenza è caratterizzato da emissioni dovute al traffico veicolare urbano, alle vie di comunicazione che lo attraversano (in primis le autostrade) e all’industria. La dinamica dell’inquinamento dipende da tutte e tre queste sorgenti, la cui intensità può subire fluttuazioni notevoli in funzione del ciclo economico.

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Enrico Fabrizi