City Wok dissequestrato: “Danno enorme, qualcuno dovrà risponderne”

AGGIORNAMENTO 21 – “Ho in mano il decreto di dissequestro del ristorante. Un provvedimento che aspettavamo con ansia perché mentre manifestiamo il cordoglio per la morte della signora Gianna Casella vogliamo al contempo affermare la nostra assoluta estraneità ai fatti. Fatti tragici di cui non ci sentiamo in alcun modo responsabili. Ristorazione orientale non significa affatto sporcizia e mancanza di igiene, anzi”.

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Sono circa le 20 quando i battenti del ristorante City Wok di Porta San Lazzaro riapre i battenti dopo una settimana di chiusura. Riapre alla presenza dei titolari, del loro avvocato Alberto Tucci (a cui si riferisce la dichiarazione qui sopra) e alla presenza dei giornalisti, degli operatori e dei fotografi, invitati dagli stessi gestori cinesi, tuttora indagati per omicidio colposo nella tragica vicenda che riguarda la cantante piacentina Gianna Casella, scomparsa due settimane fa per una fulminante infezione da eschirichia coli. Un’infezione che tutti sulle prime non avevano esitato a collegare al pranzo a base di cozze consumato proprio nel ristorante orientale. I primi esisti sui campioni prelevati dal corpo della vittima avevano rivelato, appunto, la presenza della tossina shiga 1, un derivato del batterio dell’eschirichia coli contratto, secondo la consulente della procura, il medico legale Novella D’Agostini, dall’ingestione di cibi “di provenienza extracomunitaria, stante la non rilevabilità sul territorio italiano del patogeno in questione”.

“Riteniamo che il provvedimento cautelare emesso dalla procura della Repubblica – ha proseguito l’avvocato Tucci – e convalidato toutcourt dal gip sia stato un provvedimento di eccessivo rigore, probabilmente indotto dal tenore della relazione fatta dal proprio consulente”. E qui il legale ricorda che purtroppo casi di intossicazione da tossina shiga 1 si siano già registrati in Europa citando l’epidemia che lo scorso anno in Germana ha mietuto una cinquantina di vittime delle quali vennero ritenuti responsabili i cetrioli provenienti dalla Spagna.

“Finalmente questa sera la procura ci ha reso giustizia – ha detto ancora il legale – E voglio stringermi ai miei clienti che, lo ricordo a tutti, sono persone per bene e laboriose. Questa azienda ha dodici dipendenti, tutti perfettamente in regola. E ricordo anche che nessuna violazione amministrativa è stata elevata, contrariamente a quanto è stato scritto da parte di qualcuno. I cibi sono tutti perfettamente conservati e potete constatarlo voi stessi”.

“La nostra attività è aperta da un anno e mezzo – ha detto Linda, una delle titolari cinesi – e non abbiamo mai avuto problemi”. “Il giorno in cui la signora Casella ha pranzato al City Wok, il 9 ottobre – ha aggiunto l’avvocato Tucci – sono stati serviti circa un’ottantina di pranzi (e qui il legale ha esibito gli scontrini) e nessuno si è sentito male”.

Un danno davvero rilevante per l’attività commerciale, ha puntualizzato l’avvocato introducendo a mezza bocca il tema di un possibile risarcimento provocato dalla chiusura decisa dai magistrati. Magistrati che potrebbero essere stati indotti, ha detto il difensore, “da una relazione che non ha tenuto conto di tutte le componenti”. “Chiederemo il parere di scienziati – ha aggiunto Tucci – e sulla base di quello che ci diranno valuteremo se intraprendere azioni”. L’avvocato inoltre si augura che la procura voglia archiviare al più presto le posizioni dei tre gestori del ristorante, tuttora indagati con l’ipotesi di omicidio colposo. 

L’incontro con la stampa al City Wok, che sabato organizza un aperitivo di riapertura, si è concluso con un intervento che Linda, portavoce dei soci titolari, ci teneva davvero a fare: “Voglio ringraziare – ha detto -i tanti clienti che in questi giorni di chiusura ci hanno dimostrato affetto e solidarietà. Grazie di cuore”.


AGGIORNAMENTO 16.50 – Le analisi parlano chiaro: le cozze non c’entrano niente con la morte per infezione da eschirichia coli della cantante piacentina Gianna Casella. L’esito delle analisi è arrivato oggi pomeriggio e in questi minuti la polizia lo sta portando in procura, dal pm Emilio Pisante, al quale, salvo improbabili colpi di scena, non resterà che disporre il dissequestro del ristorante orientale dove la nota cantante dialettale aveva mangiato quattro giorni prima di morire.

Un provvedimento deciso dal gip di Piacenza sulla base del sospetto che potesse verificarsi un’epidemia ma giudicato “eccessivo” fin da subito dall’avvocato Alberto Tucci che difende i tre ristoratori cinesi iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo.


ORE 15 – Non c’è traccia del batterio dell’escherichia coli sui tamponi prelevati nell’orto e nell’abitazione di Gianna Casella, la nota cantante dialettale scomparsa e sulle cui cause è aperta un’inchiesta. Non solo, visto che del batterio killer pare non vi sia traccia neppure nei campioni che gli esperti hanno acquisito dopo il sopralluogo nel ristorante orientale. Unica ipotesi ancora aperta, che rimane la più accreditata è quindi quella che porta alla partita di cozze. La cantante, infatti, pochi giorni prima di morire aveva mangiato il pesce crudo nel ristorante, gestito da tre cinesi accusati di omicidio colposo, e poi si era sentita male fino al decesso. Ora l’esito delle analisi sulle cozze è atteso a ore, portato a termine dall’istituto di zooprofilassi di Gariga, in collaborazione con l’Asl.