Dopo lo straordinario successo de “La solitudine dei numeri primi” (oltre due milioni di copie vendute), il giovane scrittore torinese con radici piacentine Paolo Giordano torna in libreria con “Il corpo umano”. Il romanzo sarà presentato ufficialmente questa sera, lunedì 17 dicembre, all’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano in via Sant’Eufemia 12, in presenza proprio del popolare autore torinese. E sono in molti, tra gli addetti ai lavori, a ritenere che la nuova fatica del giovane fisico replicherà il successo dell’esordio (nel 2008 l’autore ha fatto doppietta: Premio Strega e Campiello). Il nuovo romanzo è la metafora della guerra in tutte le sue possibili incarnazioni, quella che si combatte sul campo, in famiglia o contro se stessi. La descrizione perfetta del disorientamento alla soglia dei 30 anni. Radiosound/Piacenza24 è riuscita ad intervistare Giordano in anteprima.
Paolo Giordano, tutto è nato da un viaggio con i militari di stanza in Afghanistan. Doveva essere un semplice reportage, invece è diventato un nuovo romanzo. Quale molla è scattata? “E’ successo che ero partito per questo viaggio con i militari italiani senza pregiudizi e aspettative. Mi sono invece trovato in un luogo in cui accadevano cose che erano più forti di tutte le storie e le esperienze che avevo esplorato fino a quel momento. In un certo senso è come se mi fossi trovato di fronte a una storia che aspettava e che dovevo semplicemente seguire. Cio’ ha cancellato tutti i miei piani precedenti”.
Nel romanzo sono descritti soldati e ufficiali come René, Caderna, Egitto. Tutti alle prese con conflitti interiori e non solo. Chi sono nella realtà di oggi queste persone? “Credo che siano diverse incarnazioni principalmente di me stesso. Il gioco che faccio con i personaggi è quello cercare di isolare parti del mio carattere e incarnarle in protagonisti; tutte sfaccettature più o meno estreme della mia personalità. Al tempo stesso penso siano un campionario di ragazzi che si affacciano ai 30 anni e che vivono quella seconda fase di passaggio dopo l’adolescenza, quella che ti accoglie definitivamente tra gli adulti”.
Esiste un filo conduttore tra la Solitudine dei numeri primi e questo secondo libro? “Secondo me c’è una continuità molto forte, più forte di quella che possa apparire penando che il primo è un libro più intimo e il secondo è di guerra. Anzi, penso che questo sia addirittura più intimo. C’è una forte continuità tra i personaggi, come se fosse un’evoluzione degli anni. Nel Corpo umano si prende un segmento successivo a quello dove si fermava la Solitudine”.
Scartabellando su Internet alcuni critici parlano di romanzo più maturo rispetto alla Solitudine. Concordi con questo giudizio? “Non me la sento di mettere a paragone due cose che ho fatto. Credo che riflettano due momenti diversi del mio percorso. Di sciuro quando ho scritto il primo avevo 23 anni, e la cose da allora sono ambiate. Sono presenti aspetti e punti di vista diversi rispetto a sette anni fa”.
Il libro è appena uscito e già in molti scommettono su un nuovo successo. Come vive un autore del tuo calibro l’attesa per il responso di pubblico e critica? “In realtà devo dire che la critica si è già in parte espressa in questa prima settimana e l’accoglienza è stata molto positiva. Da quel lato sono posso ritenermi tranquillo e appagato. Il pubblico si vedrà più lentamente e mi interessa molto. Io cerco anche però di godermi una prima vittoria personale. La cosa meno scontata di tutto era riuscire a scrivere un secondo libero e a esserne soddisfatto. Cerco di godermi questa piccola vittoria. Per il resto per ora cerco di tenermi alla larga dagli exit poll editoriali”.
Il romanzo sembra prestarsi, così come il primo, anche a una trasposizione su pellicola. E’ ancora presto forse, ma cosa ne pensi? “Penso che sia molto presto per affrontare questo argomento. Vorrei non cadere nel meccanismo automatico di “libro, quindi film”. Il meccanismo non è del tutto giusto. Innanzitutto desidero che il libro abbia la sua vita. In futuro vedremo, ma per il momento non ne sento il bisogno”.
Che effetto fa leggere che Gramellini ti paragona a una sorta di fenomeno, come ha scritto l’altro giorno su La Stampa? “E’ stato una totale sorpresa. Quell’articolo è stata un’adesione spontanea, fa un piacere particolare perché significa che qualcuno si è preso la briga di parlarne. E’ stato un moto spontaneo e puro”.
Venerdì la presentazione a Torino, verrai anche a Piacenza? “Verrò a Piacenza senz’altro, la volta scorsa ho ricevuto un’accoglienza calorosa. Credo dopo Natale”.