“Catene spezzate”, così è stata denominata l’operazione che ha portato all’arresto di una cittadina nigeriana di 25 anni a Piacenza, nell’ambito di 7 arresti (tutti nigeriani) portati a termine dalla Squadra mobile di Frosinone per sfruttamento della prostituzione.
La donna, che aveva ottenuto la richiesta di rifugiato politico dalla questura di Parma, aveva avuto il permesso di soggiorno dopo l’emergenza del Nord Africa. La giovane, che aveva avuto un figlio da poco, si era trasferita nella nostra città per poter dare le dovute cure al piccolo (ora si trova in carcere con il neonato).
Non si trattava di una semplice giovane in cerca di tranquillità ma di una “maman”, cioè facente parte di un’organizzazione dedita allo sfruttamento della prostituzione. Le accuse sono infatti di riduzione in schiavitù, immigrazione clandestina e favoreggiamento alla prostituzione minorile.
L’organizzazione perpetrava minacce, anche tramite il vodoo, e faceva prostituire le donne all’interno delle case. Si tratta di un’aggiuntiva difficoltà’ nelle indagini condotte dalla squadra mobile di Frosinone, in collaborazione anche con quella piacentina.
Inoltre i clienti erano per di più’ connazionali, africani, il che permetteva una maggior sicurezza nel portare avanti i reati contestati. Tra gli sfruttati anche una 15enne, già ascoltata dagli agenti di Frosinone.
I nigeriani, per avere una parvenza di regolarità, usavano la normativa di permesso di soggiorno simulando rapporti coniugali per convalidare la tesi davanti alla commissione territoriale di essere una famiglia scappata dopo la guerra scoppiata in Libia.
Non si tratta di reati nuovi per la nostra provincia, visto che a novembre arriveranno a giudizio altri cittadini africani, nell’ambito dell’operazione “Trolley” dei mesi scorsi. Si tratta di un’operazione tutta della squadra mobile di Piacenza, con custodie cautelari emesse nel 2011. Le accuse sono sempre per riduzione in schiavitù.