Assolto perché il fatto non sussite. E’ finita così la vicenda giudiziaria di un insegnate piacentino accusato da uno studente di aver insultato lui e alcuni compagni definendoli “animali”. In realtà, in quella classe non vigeva certo l’educazione che si richiede agli studenti. C’era chi giocava a carte, chi urlava, chi si faceva i fatti propri. Tutto accertato dal Giudice di pace di Piacenza. Tutto sotto gli occhi del docente e tutto a scapito di quei pochi che in classe ci erano andati per apprendere qualcosa.
Questa vicenda è un po’ uno specchio di ciò che accade in tanti istituti superiori della Penisola, dove il rispetto per gli insegnanti è sempre più scarso e dove tanti genitori, convinti che il proprio figlio sia uno studente modello, sono pronti a querelare il prof “cattivo”. Ma è uno specchio anche di quella scuola che non seleziona gli insegnanti, che assume indiscriminatamente solo per anzianità di graduatoria e non per conoscenze e capacità di insegnamento. Invece, a non vedere i tanti doctor Jekill e mister Hide che si nascondo tra i 17-18enni di oggi sono proprio i genitori.
La vicenda era cominciata nell’autunno del 2008, in un istituto superiore piacentino. Un ragazzo, accompagnato dalla madre, va dai carabinieri a denunciare il prof. Queste le frasi che il docente avrebbe pronunciato in classe: «…cretini animali, non capite un c… siete dei deficienti nel cervello» e ancora «non capisci niente, provieni dalla giungla, sei ineducato». In realtà, da quello che è emerso durante il processo, la maggior parte dei ragazzi aveva davvero creato una giugnla. Davanti al giudice Ljdia Bruno sono sfilati una decina di studenti.
Il prof, assistito dall’avvocato piacentino Fausto Cò, secondo le testimonianze non avrebbe pronunciato quelle parole e anche il ragazzo che ha sporto querela ha fatto marcia indietro restando nel vago. Il giudice, nella sentenza emessa lo scorso giugno, ha riconosciuto che il prof ha paragonato la classe alla giungla «allorché i ragazzi usavano un comportamento non consono ad una scolaresca di una scuola media superiore», ma non c’è la prova che li abbia insultati né che abbia tenuto un comportamento illecito. Soddisfatto l’avvocato Cò, il quale ha sottolineato l’intento educativo del docente: «Ha agito per correggere un comportamento deviante e perseguiva una finalità pedagogica. L’azione del prof rientrava nei limiti di una censura all’atteggiamento degli studenti». Modi che non piacevano alla mamma del giovane etichettato con gli altri ragazzi come “animale”, la quale non ha mollato la presa.
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