“C’è il Molino Dallagiovanna che festeggia 180 anni di storia distribuendo farine di alta qualità in tutto il mondo. O Jobs Automazione che con i suoi centri di fresatura hi-tech si prepara a raddoppiare il fatturato globale grazie al Far East (si veda altro articolo a pagina 38). E ancora Orton, Valvitalia, Cantine Casabella, marchi non certo blasonati, eppure sono le Pmi di agroalimentare, raccorderia e meccanica strumentale che stanno facendo largo al made in Piacenza sulle piazze internazionali”.
Inizia così l’ampio articolo che il quotidiano economico Il Sole 24 Ore ha dedicato a Piacenza, città trainata dall’agroalimentare e dalla meccanica. Ecco come prosegue l’articolo:
“La provincia ha collezionato nell’ultimo anno e mezzo performance straordinarie in termini di export: +34% nel 2011, +29,7% nel primo trimestre di quest’anno, con valori doppi per macchinari, prodotti alimentari e anche nella moda. I dati del primo semestre 2012 diffusi ieri dal centro studi Confindustria fotografano sì un rallentamento, rispetto a un 2011 chiuso con produzione a +6,6% e fatturato a +9,3, ma che non tocca le vendite estere (+9,9%) bensì solo la domanda interna (-5,7%). Con l’alimentare ancora in crescita sia dentro (+1,4) sia fuori dai confini (+23,4) e la meccanica che sconta – in quel -3,2% di fatturato totale tra gennaio e giugno – le difficoltà commerciali in Italia dei prodotti di base , mentre per macchine utensili e raccorderia, che esportano i tre quarti dei volumi, è il +8,3% di ricavi esteri a raccontarne la vitalità. Ma è soprattutto sul mercato del lavoro che Piacenza spicca come eccellenza italiana, con un tasso di disoccupazione fermo al 4,8%, meno della metà della media del Paese. Un primato confermato dal centro Studi confindustriale: l’occupazione ha tenuto nei primi sei mesi dell’anno e non si prevedono scossoni da qui a dicembre. Numeri che sintetizzano la tenacia dell’economia piacentina nel tenere testa alla recessione e alla débâcle dell’edilizia, settore il cui tracollo ha raggiunto il culmine nelle scorse settimane con il fallimento del colosso delle costruzioni Rdb (mille dipendenti e un analogo indotto in bilico). Il ruolo marginale che il territorio piacentino, incastrato tra la grande Milano e la lunga via Emilia, ha fin qui ricoperto nelle statistiche ufficiali (classificato sotto la media regionale sia per Pil sia per spesa pro capite dei suoi 290mila abitanti) meriterebbe di essere rivisto, sebbene rischi invece di essere cancellato dall’abolizione della provincia deciso nella spending review. Perché la diffusa tradizione del saper fare abbinata alla cultura della morigeratezza – secondo gli studiosi – sta tributando finalmente alla provincia e alle sue 28.600 imprese il successo che spetta loro, complice una crisi che ha spostato l’attenzione dei consumatori dal brand alla qualità intrinseca del prodotto. «Non che tutto vada bene – premette il presidente di Confindustria Piacenza, Emilio Bolzoni – ma la tradizione meccanica con una fortissima propensione all’export e la vocazione alimentare per cui siamo secondi solo a Parma spiegano le performance superiori alla media di questo territorio. E come imprenditore di un’azienda (la Bolzoni Auramo, piacentina dal 1945 e leader in Europa in accessori per carrelli elevatori, 22 sedi nel mondo, 116 milioni di business, l’86% export, ndr) che ha acquisito diversi concorrenti spagnoli, finlandesi, tedeschi posso dire che non c’è confronto tra qualità ed efficienza delle nostre maestranze e della nostra rete di subfornitori rispetto al resto del mondo». Al Salumificio Sancarlo di Ziano Piacentino si lavora al ritmo di 600 quintali la settimana tra coppe, pancette e salami, oltre il 40% a marchio Dop e si continua a crescere avendo saputo abbinare alla qualità del prodotto investimenti in tecnologia (per confezionare le vaschette di preaffettato che crescono del 25% l’anno). «Se per le nostre Dop l’export è ancora marginale – racconta la titolare Anna Muselli, che è anche caposezione Alimentare di Confindustria – vini, pizza, farine e formaggi piacentini stanno riscuotendo grandi successi oltreconfine: chi scopre i nostri prodotti torna a comprarli, per la loro qualità a prezzi ragionevoli. Il passo fondamentale, ora, è investire più e meglio sulla loro promozione». Ecco che un progetto come quello avviato a fine maggio con Autogrill, da Provincia e Consorzio Piacenza Alimentare per diffondere un centinaio di ricette e prodotti tipici del territorio in sei punti vendita delle autostrade A1 e A21 (fino al 2015, in vista dell’Expo) diventa un volàno formidabile: nei sei Autogrill passano ogni anno 4 milioni e mezzo di potenziali turisti-clienti. Il mix qualità e tecnologia è la chiave di volta anche nell’industria pesante. «Nella raccorderia e valvolame si parla di crescita a doppia cifra quest’anno – afferma Paolo Egalini, ad di Mandelli Sistemi (entrato nel 2000 nel gruppo Riello), nonché caposezione Meccanica degli industriali – e con ottime prospettive per gli ordini. Numeri non diversi da quelli delle macchine utensili, che sono nate a Piacenza, e dove il nostro appeal internazionale (l’80% è export) e la specializzazione in mercati finali premianti come energia e aeronautica ci permettono di veleggiare sopra la crisi». Pur di fronte al rallentamento della domanda cinese, che assorbe la metà delle macchine utensili mondiali, le Pmi piacentine non tremano, abituate ad altalene vertiginose e a spostare gli investimenti dove conviene, forti di tecnologie uniche al mondo. Alla conquista della Cina sono partite anche imprese più piccole, come la Groppalli di Garagnano, leader nel segmento della caldaie a muro. O, sempre nelle caldaie ma nella fascia del lusso, il marchio di Caorso Unical che grazie al design e all’hi-tech ha messo a segno oltreconfine un exploit del 40% negli ultimi due anni. «Il nostro gruppo termico modulare – spiega l’ad Sergio Fiorani – è il più avanzato tecnologicamente al mondo». Safta, invece, fa packaging e vende l’80% dei suoi imballaggi flessibili a clienti stranieri: tedeschi e francesi in primis. Negli ultimi dieci anni non ha mai fatto un’ora di Cig e ha chiuso il 2011 con ricavi ed Ebitda in ascesa del 20%. Come? «Investendo in tecnologia avanzata, qualità e ottimi clima e organizzazione interna», spiega il dg Massimo Ratti. E poco importa se la proprietà non è più locale, la strategia aziendale e l’autonomia piacentina non vengono scalfite. Né in Safta (gruppo GualaPack), né in Biffi Italia, proprietà della multinazionale americana Tyco, leader in attuatori e valvole (per il controllo dei flussi) usati dai big mondiali dell’oil&gas. «Le nostre soluzioni ingegnerizzate sono così complesse che non temiamo i concorrenti», afferma il dg Simone Volpi, che prevede un 2012 record con ricavi in crescita del 30%, oltre le migliori attese del budget”.