Aumenta la povertà, anche nel piacentino. I dati Istat sono impietosi anche se, a differenza di altre zone, l’Emilia Romagna rimane ancora tra le migliori realtà rilevate. In aumento, però, vi sono dati che possono preoccupare, come la povertà delle famiglie con un figlio o dei nuclei familiari già poveri, che vedono la loro condizione esponenzialmente peggiorata.
“Lo Spaccato dell’Istat rispecchia anche la nostra situazione” ha commentato Giuseppe Chiodaroli, direttore della Caritas “vediamo dai nostri servizi che le famiglie prima avevano un reddito sufficiente, mentre ora con la cassa integrazione e la perdita del lavoro bussano alle nostre porte sempre più spesso”
Il problema principale, secondo il direttore Chiodaroli “è il lavoro, visto che attraversa un momento di difficoltà anche la pubblica amministrazione, dopo i tagli del governo”.
“Ma aumentano anche i gesti di generosità” secondo Chiodaroli: “abbiamo oltre cento volontari e i generi alimentari e altri beni sono sempre ben accetti e maggiori rispetto agli altri anni. Piacenza rimane una città generosa”.
DATI ISTAT SULLA POVERTA’ – Nel 2011, l’11,1% delle famiglie è relativamente povero (per un totale di 8.173 mila persone) e il 5,2% lo è in termini assoluti (3.415 mila). La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 1.011,03 euro.
La sostanziale stabilità della povertà relativa rispetto all’anno precedente deriva dal peggioramento del fenomeno per le famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla diminuzione della povertà tra le famiglie di dirigenti/impiegati.
In particolare, l’incidenza della povertà relativa aumenta dal 40,2% al 50,7% per le famiglie senza occupati né ritirati dal lavoro e dall’8,3% al 9,6% per le famiglie con tutti i componenti ritirati dal lavoro, essenzialmente anziani soli e in coppia. Tra quest’ultime aumenta anche l’incidenza di povertà assoluta (dal 4,5% al 5,5%).
La povertà assoluta aumenta tra le famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro (dal 4,7% al 5,4%), soprattutto se non ci sono redditi da lavoro e almeno un componente è alla ricerca di occupazione (dall’8,5% al 16,5%).
L’incidenza di povertà assoluta cresce anche tra le famiglie con a capo una persona con profili professionali e/o titoli di studio bassi: famiglie di operai (dal 6,4% al 7,5%), con licenza elementare (dall’8,3% al 9,4%) o di scuola media inferiore (dal 5,1% al 6,2%).
Peggiora la condizione delle famiglie con un figlio minore, sia in termini di povertà relativa (dall’11,6% al 13,5%), che di povertà assoluta (dal 3,9% al 5,7%).
A fronte della stabilità della povertà relativa al Nord e al Centro, nel Mezzogiorno si osserva un aumento dell’intensità della povertà relativa: dal 21,5% al 22,3%. In questa ripartizione la spesa media equivalente delle famiglie povere si attesta a 785,94 euro (contro gli 827,43 e 808,72 euro del Nord e del Centro).