Fiera di Sant’Antonino: “Poche novità ma è pur sempre una tradizione”

Piacentini a dire il vero un po’ delusi dalla proposta commerciale offerta dalla fiera di Sant’Antonino che si è tenuta ieri lungo il Pubblico Passeggio. I pareri raccolti tra i cittadini ricalcano un po’ quello che da qualche anno si sente dire tra le strade della città: “Non è altro che un mercato allargato” sostiene qualcuno puntando il dito contro le poche novità presenti sui banchi. “Troppa presenza di mercanti cinesi, la fiera ha perso la sua identità” lamenta qualcun altro. In altre parole i piacentini, soprattutto quelli più anziani, sostengono di aver vissuto sulla loro pelle un cambiamento in negativo, parlano di una kermesse che ha perso in parte la propria accezione di “festa del patrono”. Nell’aria, insomma, si respira un po’ di nostalgia per ciò che una volta rappresentava la fiera di Sant’Antonino, ricordi per qualcuno lontani, per alcuni (come chi scrive) mai avuti perché troppo giovane. Però è doveroso fidarsi di chi invece la festa del patrono la celebra da più di mezzo secolo e avverte una certa malinconia nel vedere un appuntamento importante come la ricorrenza di Sant’Antonino ridotta, per così dire, ad un mercato alternativo a quelli del mercoledì e del sabato.

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Sia chiaro però, noi siamo qui ad analizzare tutte le sfaccettature (è il nostro lavoro cercare il pelo nell’uovo) però va detto che in generale l’affetto dei piacentini per la manifestazione è ancora vivo e profondo. L’evento di ieri è stato organizzato con grande serietà e precisione (convinto il plauso dei piacentini alla disposizione dei banchi su una sola corsia, un accorgimento importante soprattutto per chi meno sopporta la ressa e la calca) e i piacentini sono accorsi numerosi affollando il Facsal dalla mattina fino alla tarda sera. E in questo senso è tanto emblematico quanto sorprendente incontrare una ragazza, una giovanissima, che addirittura, lavorando a Milano, ha deciso di prendere un giorno di ferie solo per poter essere sulla fiera, spiegando che “effettivamente non c’è nulla di nuovo o di particolare, ma è una tradizione a cui io non voglio rinunciare e alla quale nessuno dovrebbe rinunciare”.