Sabato 30 giugno alle 17 al Cantiere Simone Weil, centro di creazione culturale in via Giordano Bruno 4 a Piacenza, è in programma la presentazione del libro “Enzo Jannacci. il genio del contropiede” di Nando Mainardi, edito da Zona. L’autore dialogherà con il giornalista Giorgio Lambri.
Dalla prefazione di Maria Jatosti ad “ENZO JANNACCI. IL GENIO DEL CONTROPIEDE”.
“Il libro esplora con puntualità cronachistica seguendo passo passo il percorso di questo cantautore della Milano più ombre che luccichii, degli operai sconfitti, degli amori traditi.
Un percorso difficile,accidentato, caratterizzato da alti e bassi, inquieto e discontinuo, attraversato da altre importanti esperienze artistiche parallele o intrecciate, sovrapposte: il teatro, la scrittura, il cinema: la Vita agra, Bianciardi-Lizzani, i viaggi e i soggiorni di studio all’estero: il Sudafrica-Barnard, New York-la Columbia University, l’impegno professionale come medico chirurgo nelle strutture pubbliche e nel suo studio, dalle parti dell’Idroscalo, a un passo dalla casa dove è nato
e da dove, bambino, vedeva gli aerei solcare il cielo di Milano, così bello quando c’è…
La difficoltà di inserirsi nella nuova realtà discografica, di piegarsi alle logiche affaristiche e miopi del mercato, di adattarsi a un mondo che va, ma dov’è che va, un mondo “ancora in guerra”, dove c’è sempremeno spazio per l’intelligenza, l’ironia, l’ingegno.
Dove “non c’è spazio, non c’è testa, non c’è tempo per quel Jannacci lì”, conclude l’Autore di questo bel libro.
Dove non c’è spazio per la Milano opaca delle periferie, delle fabbriche, delle ringhiere, delle latterie, delle piole, delle crôte, dei trani, per la Milano di quei nostri giorni lontani.
La Milano di Rocco e i suoi fratelli, dei treni della miseria che salgono da quell’altra Italia, laggiù, dalle terre della fame della lotta e del riscatto, irrorate da sangue rosso, contadino e sindacalista… la Milano mattiniera e operosa, che avanza sui polpacci forti e il sorriso spavaldo delle tuse della CCC cucirini cantoni coats, quelle che otto ore al giorno alla linea bianche e rosse come il tricolore producono rocchetti e spagnolette, un arcobaleno di fili per rammendare montagne di calzini grigi e bucati.
Le “vincenzine” che amano la fabbrica, giù, in fondo all via, dalle parti della Fiera Campionaria, e dalle parti del Derby che ha chiuso da poco i battenti sulla strada ancora buia, sui passi degli attardati intellettuali pallidi, tirati, aggobbiti da una notte di fumo, di musica, whisky e chiacchiere.
Anni Sessanta dei miracoli smentiti, delle speranze perdute, deifermenti delusi.
Prima del diluvio.”