“Mentre il marito la strangolava Kaur non ha opposto resistenza, non si è difesa. Era consapevole di quello che stava succedendo ed è ha accettato la morte, così come prevede la sua cultura”. E’ uno dei nuovi dettagli che emerge dalla prosecuzione dell’interrogatorio di Kulbir Singh, l’indiano sottoposto da ieri a stato di fermo poiché accusato dell’omicidio della moglie 27enne Kaur Balwinder. Le accuse sono di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. L’interrogatorio è avvenuto alla casa circondariale delle Novate alla presenza del pubblico ministero Antonio Colonna e dell’avvocato della difesa Mauro Pontini. L’indagato ha ripercorso le fasi dell’omicidio del 14 maggio scorso, avvenuto per strangolamento utilizzando un foulard. “Ho agito in un momento d’impeto, un raptus” avrebbe confessato l’uomo.
“Ha confermato le dichiarazioni già rese spiegando gli ultimi difficili mesi di convivenza – ha spiegato il legale Pontini – descrivendo poi il posto dove è stato trasportato il cadavere, e cioè lungo un’ansa del Po in zona Isola Serafini”. Circa i rapporti con Kaur, “il mio assistito ha confermato che il rapporto era compromesso da mesi. C’era il rifiuto da parte della famiglia di lei a risolvere il problema che il marito voleva separarsi e ciò creava un impasse nella coppia anche per ragioni culturali. E’ emerso addirittura che nella coppia e tra le famiglie c’era un intermediario. Addirittura il 10 maggio scorso, quando lei torna di Firenze e si ferma dai carabinieri per avere lumi riguardo alla possibilità di avere un divorzio in Italia, Kulbir viene a sapere dell’arrivo della moglie dall’intermediario che lo chiama dagli Stati Uniti. Una situazione complessa”. Quindi Pontini chiude: “Kulbir sta male. È molto provato, ha anche chiesto dei tranquillanti. Pensa solo al figlio. Non è ancora consapevole del periodo di carcerazione cui andrà incontro”. Nei prossimi giorni, forse già domani, la convalida del fermo davanti al gip Giuseppe Bersani.