“Un bimbo ogni mille nasce sordo in Italia eppure lo screening neonatale per la sordità è spesso un miraggio. Con la conseguenza di un forte ritardo nella diagnosi che comporta problemi nella maturazione linguistica del bambino”. E’ quanto sottolinea la SIOeChCF, Societa’ Italiana di Otorinolaringologia e Chirurgia Cervico-Facciale, che da domani sarà in Congresso a Bari. A intervenire, a livello nazionale è Domenico Cuda, primario di Otorinolaringoiatria dell’ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza: “Per quanto riguarda lo screening neonatale per la sordità si fa poco in Italia anche se alcune realtà sono ben organizzate. Fra queste la Campania, la Liguria, alcune province del Veneto”.
“Ma non c’è un piano di massa – continua Cuda – lo screening andrebbe fatto sulla totalità dei bambini. È dimostrato infatti che, in un bimbo che ha una sordità profonda, se questa non viene identificata subito, la diagnosi poi avviene dai 12 ai 24 mesi. Ed è altrettanto dimostrato che se il problema non viene scoperto e affrontato subito ci possono poi essere ripercussioni nella maturazione linguistica del bambino”. Il rischio più grave che si può correre è che il bambino, se il problema viene fortemente trascurato, possa diventare sordomuto. Nel prossimo aggiornamento dei Lea (livelli essenziali assistenza) lo screening è previsto, ma il documento è chiuso in un cassetto. La spesa per ciascun esame è bassa, come un pacchetto di sigarette. Si parla di 6-7 euro. Ma poi ci sono gli aspetti organizzativi che hanno dei costi e questo è un problema in un periodo di tagli. Lo screening, comunque, ha una procedura molto semplice: un piccolo apparecchio viene avvicinato all’orecchio del neonato e misura se c’è emissione otoacustica. In caso negativo l’esame viene comunque ripetuto più volte”. (ASCA)