Reduce da uno straordinario successo di critica e pubblico in una tournée che ha toccato i più importanti teatri italiani, Leo Gullotta torna a Piacenza per interpretare Falstaff ne “Le Allegre Comari di Windsor” di William Shakespeare per la regia di Fabio Grossi. Appuntamento al Teatro Municipale martedì 13 e mercoledì 14 marzo 2012 alle ore 21 per la Stagione di Prosa 2011/2012 “Tre per Te” organizzata da Teatro Gioco Vita – Teatro Stabile di Innovazione, direzione artistica di Diego Maj, con Fondazione Teatri di Piacenza, Comune di Piacenza – Assessorato alla Cultura e il sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano, Cariparma, Iren.
Con Gullotta, in scena un nutrito cast di attori: Alessandro Baldinotti, Paolo Lorimer, Mirella Mazzeranghi, Fabio Pasquini, Rita Abela, Fabrizio Amicucci, Valentina Gristina, Cristina Capodicasa, Gerardo Fiorenzano, Gennaro Iaccarino, Francesco Maccarinelli, Federico Mancini, Giampiero Mannoni, Sante Paolacci, Vincenzo Versari.
La traduzione e l’adattamento da Shakespeare sono firmati da Fabio Grossi e Simonetta Traversetti, le scene e i costumi sono di Luigi Perego, le musiche di Germano Mazzocchetti, i movimenti coreografici di Monica Codena e le luci di Valerio Tiberi.
“Le allegre comari di Windsor” mette in scena amori e amanti, guasconi maldestri e burocrati vacui, mariti gelosi e golosi mercanti, mercenari allettanti ed infingardi ci raccontano, nell’interpretazione di un cast di alto livello, la storia che, come nelle migliori tradizioni teatrali, viene in alcuni parti rafforzata dalla partitura musicale, sottolineando di volta in volta momenti comici, grotteschi o romantici.
«Fu per volontà della regina Elisabetta I – spiega Fabio Grossi nelle note di regia – che il Bardo riesumò Sir John Falstaff, fatto morire nella sua precedente opera, l’Enrico V: nacque così “Le allegre comari di Windsor”. Anche questa nostra edizione, benché passati parecchi secoli, nasce sotto l’occhio vigile e severo della “grande” regina: intrighi, scherzi e maramaldate, sfileranno così secondo il divertito gusto shakespeariano. Protagonista della vicenda è Sir John, con le sue esuberanti smargiassate da guascone, la sua sovrabbondante figura, la sua pletorica simpatia cialtrona, il suo amore per la crapula e il bicchiere e la sua irresistibile, endemica disonestà viziosa e bonaria. Con gli occhi di oggi, lo considereremmo un diverso, sia per verbo che per figura, un avverso al presupposto bigotto di una società borghese.
Ma la tessitura della commedia stessa, va oltre l’apparenza e, per andar al di là del detto che “l’apparenza inganna”, proprio d’inganni e scherzi, per lo più perfidi, questa è avviluppata. Vi si racconta di una società, che vive sotto l’occhio della Corte, dove il dileggio l’uno dell’altro dei componenti della comunità, fa da quotidiano passatempo: la protervia della condizione di nascita e dello svolgersi dei fatti della vita d’ognuno la farà da presupposto dominante».
«Tanto pronti ad impugnar le spade, a difesa di supposti e ridicoli onori, – prosegue il regista – quanto a deporle per sostituirli con boccali di vin di Spagna, al fin inconscio di proporsi come innocue prede di chi del borseggio fa scopo di vita. Un ventaglio di più svariata umanità la farà da protagonista della vicenda: il bonario benestante, il meschino geloso, lo scaltro pedante, il servo scimunito, il pavido baciapile, l’ampolloso bottegaio, l’antipatico saccente. Ma su tutti trionferanno le donne, le qua raccontate Comari, che con furbizia e lungimirante intelligenza, collocheranno in maniera indolore per la comunità, la parola fine alla vicenda».