Ponte sul Trebbia, il 18 marzo l\’intitolazione al maresciallo Paladini

E’ programmata per il 18 marzo alle 10,30 l’intitolazione del nuovo ponte Trebbia – inaugurato il 30 dicembre scorso – alla memoria del maresciallo capo del secondo reggimento Genio Pontieri di Piacenza, Daniele Paladini morto il 23 novembre 2007 in un attentato terroristico in Afghanistan, dove era in missione di pace e dove stava proprio riabilitando un vecchio ponte abbandonato dai sovietici per aiutare la popolazione del villaggio di Paghman. La decisione di fissare la data del 18 marzo per la cerimonia di intitolazione al militare caduto è stata sancita questa mattina dal presidente della Provincia Massimo Trespidi, a colloquio a palazzo Garibaldi con il comandante del secondo reggimento Genio pontieri di Piacenza, colonnello Fabio Cornacchia. Il presidente ha confermato la propria volontà di invitare alla cerimonia di intitolazione anche il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, già capo di Stato Maggiore della Difesa e assai vicino al secondo reggimento Genio Pontieri.

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“Si tratta – ha spiegato Trespidi – di una data particolarmente importante e storicamente significativa. Il 18 marzo del 2010, infatti, abbiamo festeggiato i 150 anni dall’annessione della neonata Provincia di Piacenza al Regno di Sardegna, nell’anno successivo, sempre nello stesso giorno, sono partiti i festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia. Quest’anno intitoleremo il ponte alla memoria di un eroe conosciuto da Piacenza, appunto il maresciallo Paladini, che – con la sua preziosa attività – ha unito le genti e contribuito a fornire sostegno a intere popolazioni martoriate dalla guerra. Abbiamo voluto associare a questa data importante – il 18 marzo – un evento altrettanto importante come il ricordo di un grande amico del nostro territorio e uomo di pace”. Nel curriculum di Paladini c’erano già due missioni all’estero: una nel maggio 2005 e l’altra nel novembre 2005 nel Kosovo, entrambe di sei mesi.

Il comandante Cornacchia lo ricorda – riportando i giudizi dei colleghi che lo conobbero – come “un uomo straordinario, di grandissima umanità, sempre pronto a motivare il gruppo, dalle grandi capacità tecniche e capace di plasmare, da un antico manufatto abbandonato dall’Armata rossa sovietica, un ponte pedonale per la popolazione afgana”.