Quindici anni fa la tragedia del Pendolino, otto le vittime e una ferita che non si rimargina quella che lacera i parenti presenti oggi alla commemorazione. Ogni anno grazie all’impegno dei membri dell’associazione Dopolavoro Ferroviario la celebrazione si tiene a Piacenza “È un gesto che facciamo per i familiari che vivono questa giornata in maniera molto intensa, per sentire vicini i loro cari. Per noi l’obiettivo è anche quello di sensibilizzare sul tema della sicurezza sul lavoro e sui trasporti” ha commentato l’attuale presidente Bernardo Clemente.
Un momento di ritrovo per i familiari che piangono insieme i loro scomparsi. Quel tragico 12 gennaio del 1997 persero la vita due macchinisti, due agenti di polizia, due hostess del servizio ristorazione e due passeggeri, ventinove i feriti. Il Pendolino ‘Botticelli’ (Etr 460) deragliò all’uscita del ponte sul Po, a poche centinaia di metri dalla stazione di Piacenza.
Nel 2001 la sentenza che assolse “per non aver commesso il fatto” i 25 dirigenti delle Ferrovie dello Stato finiti sotto processo con l’imputazione di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ferroviario colposo.
A protezione della curva di Piacenza c’era un segnale, il ‘codice 180’, che frenava automaticamente i treni che si immettevano sul ponte ad una velocità superiore ai 115 chilometri l’ora. Dopo il 1992 le Fs lo modificarono: agiva con lo stesso meccanismo, ma solo per i treni che transitavano a più di 185 chilometri orari. L’Etr 460 arrivò sulla curva di Piacenza a 160 all’ora e deragliò.
“Sulle cause c’è stato un processo, da cui sono uscite determinate considerazioni” ha commentato Antonio Colosimo di Filt Cisl Piacenza “Chissà perché poi quel dispositivo è stato spostato. Un errore probabilmente c’è stato, in primo luogo quello di posizionarlo in quel punto e non dare al treno la possibilità di fermarsi come avviene adesso”.
“Sapere come sono andate le cose aiuterebbe a tranquillizzarsi” confessa la moglie di uno dei macchinista rimasto vittima dell’incidente “La colpa è stata data a chi ora non può ribattere. Mio marito era una persona pignola e precisa, sentire che gli hanno dato la colpa è uno strazio che non mi lascia tregua. Ogni anno da Guidonia vengo qui a Piacenza per vivere questo momento di ricordo e per condividere il dolore con le persone oggi presenti”.