La conferma della chiusura delle sedi decentrate del CONI non può essere considerata come un problema di solo interesse sportivo (e sarebbe già tanto se lo fosse). Non possiamo ignorare le conseguenze negative di natura sociale, didattica e formativa che decisioni di questo tipo comportano.
Da tempo le amministrazioni locali riconoscono la funzione sociale dello sport, sempre di più utilizzato per promuovere socialità, aggregazione, percorsi formativi basati sul rispetto delle regole, educazione alimentare e fisica. A fronte di una domanda crescente di partecipazione alle attività sportive da parte delle famiglie, abbiamo assistito al progressivo abbandono dello sport nella programmazione scolastica ordinaria, soprattutto nella scuola primaria. A questo abbandono ha parzialmente supplito il prezioso lavoro di coordinamento del CONI, presente in alcune scuole ad integrare offerte formative che, altrimenti, non prevederebbero alcun momento dedicato all’educazione fisica. Inoltre sono numerose le azioni promozionali dell’attività sportiva, rivolte soprattutto ai più giovani, che il CONI e le singole Federazioni hanno portato avanti, con risultati importanti, visto il crescente aumento della popolazione sportiva e delle discipline presenti sul territorio. Queste azioni appartengono in modo specifico alle competenze del CONI. Non possiamo immaginare che in futuro se ne possano occupare le amministrazioni locali, a cui compete la programmazione e la cura dell’impiantistica sportiva, e che sono sempre più in difficoltà a rispondere all’ordinaria amministrazione.
La contingenza negativa ci impone rapporti di collaborazione sempre più stretti con le singole istituzioni e i soggetti privati accreditati, ma se, come in questo caso, viene compromessa la stessa sopravvivenza delle istituzioni sportive, i danni che ne derivano rischiano di moltiplicarsi. Viene meno un interlocutore privilegiato e autorevole e, alla fine, chi ne pagherà le conseguenze sarà l’intera comunità. La sola sopravvivenza della delegazione locale non potrà certo considerarsi sufficiente per conservare i risultati positivi fin qui conquistati. La responsabilità di queste scelte è da attribuirsi alla politica: è comprensibile che le motivazioni siano di carattere economico, è meno comprensibile che si sia arrivati improvvisamente, senza un minimo di confronto nella ricerca di alternative.
Ancora una volta sarà riversato sulla politica locale il compito di prendersi in carico un problema “scaricato” dai livelli di governo superiore. Non possiamo permetterci di perdere quanto fin qui conquistato. Una volta che avremo un quadro definitivo della situazione sarà necessario, per gli Enti Locali, confrontarsi con il CONI, o con quel che ne rimane, per tentare di salvare quanto possibile attraverso azioni comuni e con l’auspicabile coordinamento dell’amministrazione provinciale. L’amarezza del presidente Teragni è più che comprensibile, ma prima di abbandonare definitivamente la nave è forse opportuno provare a cercare ogni forma possibile di collaborazione con le istituzioni locali. Benché consapevoli delle evidenti difficoltà, noi ci rendiamo disponibili.
Paolo Dosi
Assessore allo sport del Comune di Piacenza