Piacenza. Questa mattina alle 10, a Barriera Genova, alla presenza del sindaco Roberto Reggi e del presidente della Provincia Massimo Trespidi, avrà luogo la commemorazione delle vittime dello scontro avvenuto il 9 settembre 1943 nel piazzale, quando i militari in servizio nella nostra città e i civili piacentini si opposero con le armi ai soldati tedeschi.
Agli interventi delle autorità, seguirà la deposizione di corone d’alloro in onore di coloro che hanno dato la vita per la libertà. Alla cerimonia, promossa dalle Amministrazioni comunale e provinciale e dal Comando Militare di Piacenza, prenderanno parte enti e associazioni combattentistiche e d’arma.
Ricostruzione della giornata a cura dei partigiani piacentini
9 settembre 1943
“All’alba vengono inviate pattuglie in esplorazione e scorgono avanguardie tedesche provenienti da Gossolengo.
Il terzo centro di fuoco di cui s’è parlato, viene centrato da un colpo di mortaio e il sergente che comandava il pezzo che prima aveva a lungo sparato contro i tedeschi, cade colpito a morte.
Verso le otto gli stessi tedeschi si fanno vivi a Barriera Genova per chiedere la resa delle nostre difese.
Vengono invece arrestati e tradotti prima del comando presidio, poi altrove, con grande imbarazzo di tutti.
A Barriera Genova intanto si spara ancora e ci sono altri morti. Il Coll.llo Coperchini chiede rinforzi. Arrivano due carri M13 che a loro volta prendono parte allo scontro.Arriva anche una compagnia di genieri, tutti di leva.
Appena dopo uno dei due carri viene centrato, reso inservibile.Muoiono i due carristi.
Il secondo carro viene più tardi distrutto da un aereo tedesco levatosi in volo da S.Damiano. Mentre si cerca di portare soccorso a questi altri carristi, ha luogo un altro spezzonamento aereo che produce altri morti. Muore anche il Col.llo Coperchini falciato dai tedeschi che continuano a sparare dalle loro postazioni a terra”.
Il discorso del sindaco di Piacenza Roberto Reggi.
Il 9 settembre 1943, rappresenta una data indelebile nella storia della nostra città, simbolo di una delle tappe più importanti e più dolorose del nostro passato. In questo stesso piazzale, oggi punto di passaggio e di incontro per tanti piacentini, morirono in uno scontro a fuoco con i tedeschi 34 soldati italiani, e furono 49 i feriti tra militari e civili.
A sessantotto anni di distanza, ricordare il sacrificio di questi uomini che hanno dato la propria vita in nome della Resistenza, significa rendere omaggio ai valori della libertà e della democrazia, dell’unità nazionale e della pace.
Era l’alba, quando il 4° Reggimento Artiglieria di Piacenza collocò due bocche di fuoco a Barriera Genova, appostandosi con un terzo centro nei pressi del vecchio campo sportivo. Solo poche ore erano trascorse dall’annuncio che il Ministro Badoglio aveva fatto, alla radio, la sera prima: la firma dell’armistizio. E quel mattino del 9 settembre 1943, carico di speranza e di desiderio di pace, segnava l’avvio del lungo, intenso cammino che è stato la nostra Liberazione.
Uomini e donne, giovani e anziani non esitarono a imbracciare le armi, a scendere nelle piazze e nelle strade che la guerra aveva reso un sanguinoso campo di battaglia, a mettere a rischio il proprio futuro e i propri affetti.
Senza alcuna retorica, 68 anni dopo, quei valori, quei simboli e quei miti hanno portato il nostro Paese a essere una realtà a democrazia compiuta. Non dobbiamo compiere l’errore però di dimenticare il sacrificio di quei piacentini, anzi, esso deve costituire il corpus del nostro presente. Un presente che troppo spesso deraglia in un’omologazione che tende a trascurare quei valori che sono stati fondamentali per tutti noi.
Recuperare la memoria del combattimento avvenuto a Barriera Genova significa quindi celebrare i valori fondativi della nostra Nazione, contenuti nella Costituzione. Come ha detto recentemente il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, “quei principi vanno quotidianamente rivissuti e concretamente riaffermati, e ben di più di quanto non accada oggi, vanno coltivati i valori – anche e innanzitutto morali – che si esprimono nei diritti e nei doveri sanciti nella Costituzione, a partire da quelli inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, che debbono essere sollecitati da leggi e da scelte di Governo, ma debbono ancor più tradursi in comportamenti individuali e collettivi”.
In un periodo di crisi come quello attuale si avverte così la necessità di esempi positivi, capaci di dare speranza per il futuro. I piacentini che combatterono a Barriera Genova in una mattina di fine estate rappresentano così il volto dell’Italia migliore: quella che anche durante i terribili anni di guerra coltivò la voglia di libertà e democrazia e che al termine del conflitto fu in grado di ritrovarsi nell’Assemblea costituente.
Proprio in un discorso di uno dei Padri costituenti della nazione, Pietro Calamandrei, pronunciato di fronte a un’assemblea di studenti, ritroviamo l’appello a non abbassare la guardia di fronte alle sfide del presente. “La Costituzione – disse – non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. Perché si muova bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità”.
Dalla Costituzione occorre oggi ripartire, perché quel testo, anche a 63 anni di distanza appare oggi ancora profondamente attuale. In un periodo in cui il tema economico è all’ordine del giorno si può guardare all’articolo 53, sulla necessità per tutti i cittadini di contribuire con il pagamento delle tasse alle spese pubbliche, in proporzione alla propria capacità contributiva. La forza di un documento non si misura con il metro del tempo, né viene garantita unicamente dall’autorevolezza di chi lo firma. A trasmettercene il valore, come insegnamento politico e umano, è il respiro profondo di equità, dignità e centralità della persona che la nostra Carta costituzionale racchiude.
Concludo con un pensiero dell’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che due anni fa ha portato la propria testimonianza con una videointervista al Festival del Diritto e che tanto ha fatto per riaffermare, durante gli anni del proprio mandato, i valori della Patria e dell’Unità nazionale.
“La Costituzione è l’atto fondante della nostra comunità nazionale ed ha assicurato agli italiani decenni di sviluppo e di democrazia, ha costituito un presidio della comunità nazionale, tratto distintivo della nostra identità moderna. La Costituzione ha reso cittadini gli italiani, lavorando per l’interesse collettivo, e ha dimostrato, ancora, una straordinaria validità”.
E quei morti del lontano 1943 ci hanno insegnato che l’Italia era un ideale che valeva la vita sempre e comunque.