Massimo Fini giornalista, scrittore e saggista, si è presentato ieri nel piacentino nella sua ennesima veste: quella di drammaturgo, anche se occulto. Cogliendo l’occasione di averlo tra il pubblico di “Cassandra”, andato in scena ieri a Velleia nell’ambito del Festival di teatro antico, ne abbiamo approfittato per rivolgergli qualche domanda. Da Montanelli, per il quale ha scritto la prefazione all’ultima raccolta di articoli che si intitola “Ve l’avevo detto”, al Mullah Omar, sua ultima e molto discussa pubblicazione, fino al teatro. Una lunga intervista nella quale non viene risparmiato nulla, né a Montanelli ma neppure a Il Fatto, dove oggi scrive e infine si giunge a conclusioni amare, come quelle relative al mestiere del giornalista in Italia: “Temo che la carta stampata sia finita molto per colpa sua e molto perché è avanzato il web. Non è riuscita ad adeguarsi ma si era già fatta harakiri anni prima. Ora sono quasi tutti house organ di partito: “Libero” e “Il Giornale”, ma anche lo stesso “Il Fatto” dove lavoro con piacere . Sono strumenti di una lotta politica tra fazioni. Ma sta declinando anche il giornalismo televisivo, per fortuna. Non sono più conduttori ma domatori come Santoro o persuasori occulti come Vespa. O troppo spesso sono solo buone braccia rubate all’agricoltura”.