«La dottoressa Boemi aveva un’auto inaffidabile e mi chiese di poter utilizzare una vettura di servizio per le funzioni di protezione civile nel periodo invernale. Ed io acconsentii». Così il sindaco Roberto Reggi ha risposto in mattinata in Tribunale durante il processo che vede come imputata Elsa Boemi, la comandante della Polizia Municipale accusata di peculato. Puntualissimo alla convocazione, anche se un po’ spaesato nel trovarsi nell’ambiente per lui insolito delle aule giudiziarie («in nove anni mi è capitato ben poco di frequentare dei Tribunali» ha detto Reggi ai cronisti come battuta), il sindaco è stato chiamato a testimoniare direttamente dal piemme Antonio Colonna. Ed è stata proprio la sua deposizione il momento clou dell’udienza. Davanti al collegio presieduto dal giudice Marina Marchetti (giudici a latere Monica Fagnoni ed Elena Stoppini), Reggi ha spiegato i termini degli accordi presi con la comandante circa l’utilizzo della Fiat Stilo del Comune che la Boemi utilizzò più volte, tra il dicembre 2009 e il febbraio 2010, anche per recarsi da Piacenza alla sua abitazione di Brescia e viceversa.
«Per noi è importante intervenire tempestivamente nelle situazioni di emergenza di protezione civile sia locali che nazionali, quindi il sindaco o un suo delegato ha il dovere di intervenire subito – ha premesso Reggi – In quel caso la Boemi chiese di poter utilizzare l’auto di servizio avendo lei un’auto non affidabile, in particolare per i mesi invernali. E io acconsentii». Aggiungendo: «Mi sembrava importante garantire la presenza tempestiva di un coordinatore di protezione civile anche in considerazione del fatto che io, un paio di volte alla settimana, ho la necessità di recarmi a Roma per ottemperare ai compiti di vicepresidente dell’Anci». Nel corso dell’udienza è stato spiegato che è in capo alla Boemi, in qualità di dirigente della Polizia municipale, la competenza permanente sulla Protezione civile la cui delega è tra quelle che appartengono al sindaco stesso. Poi Reggi ha fatto presente di essere a conoscenza del fatto «che in quei mesi la comandante era alla ricerca di un alloggio a Piacenza, per cui le accordai di usare l’auto anche per i tragitti da casa sua a Brescia a Piacenza». Un utilizzo per il quale – ha fatto capire il sindaco – veniva dato per scontato che le spese per il pedaggio e la benzina fossero a carico del Comune stesso.
Dopo il sindaco hanno testimoniato, su richiesta dell’avvocato della difesa Paolo Fiori, anche l’ex comandante della Municipale di Bergamo Virgilio Appiani e il marito della Boemi. Quest’ultimo ha ricordato alla corte che «in famiglia l’auto che abitualmente utilizzava mia moglie aveva tanti chilometri ed era ormai vecchia, sapevo dunque che ogni tanto utilizzava l’auto di servizio». Ha ricordato anche che «proprio per stare più vicino alla famiglia le chiedevo di tornare a casa a Brescia di sera anche solo per cenare con le nostre figlie». Dopo di loro è stata la volta di Enrica Bergami, dirigente del servizio di Protezione civile del Comune, cui sono seguite le deposizioni di Paolo Giovannini, comandante della polizia interprovinciale Valnure e Valluretta, di Manuela Argentieri, agente scelto della Municipale, di Patrizia Mori, dirigente della Polizia Municipale, e di Renato Borri, maresciallo dei carabinieri. L’udienza è stata dunque aggiornata al 19 maggio, data in cui sono in programma l’esame dell’imputata e la discussione.