Da “isola felice” a porto franco della criminalità organizzata, di cricche e di comitati d’affari locali e nazionali. Questo il ritratto de l’Aquila a due anni dal terremoto del 6 aprile tratteggiato dal giornalista Angelo Venti, ospite questo pomeriggio di un incontro organizzato da Anpi, Libera e Unione degli studenti presso gli orti di via Degani nell’ambito della tappa piacentina della Carovana delle memorie. 16 pagine di dossier che raccontano “La fine dell’isola felice” appunto, analizzando la condizione dell’Abruzzo prima e dopo la scossa di magnitudo 6.3 che ha cambiato volto alla zona consegnandola alle difficoltà di una ricostruzione diventata ben presto preda di interessi paralleli alle istituzioni.
Secondo Venti infatti, la criminalità organizzata muoveva le sue pedine sulla scacchiera della zona già prima del tragico sisma. «Un episodio che non solo ha prodotto lutti e macerie – scrive Venti nel dossier realizzato con Libera – ma ha spazzato via anche quel velo di ipocrisia che copriva chi si ostinava a parlare ancora di Abruzzo come isola felice». «Dalla prima emergenza e dai primi mesi post terremoto – prosegue – è emerso chiaramente che la regione allo stato attuale è impreparata per affrontare i nuovi rischi che si pongono».
«Una storia di sottovalutazioni» come è riportato nel dossier, per un territorio che – nei pronostici di Venti – «sarà investito da ulteriori assalti da parte della criminalità da affrontare non solo come un “problema di polizia”, ma anche dalla società civile che è chiamata a scendere in campo e concertare un’azione comune».