Sono 40 su 100 i ragazzi piacentini tra i 14 e 18 anni disposti a fornire numeri di telefono cellulare e propri contatti via web, nel 26,3 per cento dei casi accettano anche incontri fissati via internet. E, anche a Piacenza, non mancano casi di “tecnostress”, derivante dall’utilizzo smodato di apparecchiature elettroniche che, dicono gli esperti, può arrivare anche a 10-15 ore al giorno. I dati – basati su un campione di 471 giovani – emergono dalla rilevazione del progetto “La rete siamo noi”, iniziativa a carattere regionale contro i rischi derivanti dall’utilizzo di internet e dei cellulari, che nella nostra provincia ha coinvolto – in una prima sperimentazione – i giovani degli istituti Casali, Cassinari, Leonardo, Tramello, Mattei e Volta, con questionari distribuiti nel maggio scorso, i cui risultati sono stati resi noti a fine 2010. Questa mattina, in Provincia, il punto promosso dall’assessorato di Andrea Paparo, con Regione, forze dell’ordine, l’associazione “La Ricerca”, scuole ed esperti.
Nel sottolineare – con la dirigente Antonella Dosi – il valore della “proficua rete” di prevenzione che si è innescata sul territorio e ringraziando tutti i soggetti coinvolti, l’assessore Paparo ha posto l’accento sull’alta percentuale dei telefoni in possesso di bambini e ragazzi (tra i dieci e gli undici anni ne possiedono uno 98,9 su 100) e la capillare diffusione di internet tra i giovani intervistati, che tocca la punta del 96,8 per cento. “I dati sulla disponibilità dei giovani a diffondere i propri contatti, ad accettare proposte di incontro via web e, in generale, sull’uso distorto di internet e dei cellulari, ci inducono a una riflessione – ha sottolineato l’assessore –. Solo con il lavoro di sistema e il massimo coinvolgimento di famiglie, scuole, associazioni e forze dell’ordine potremo aumentare l’efficacia delle iniziative di sensibilizzazione e, quindi, prevenire i rischi”.
Dall’analisi del difensore civico dell’Emilia Romagna Daniele Lugli è emerso che i piacentini, rispetto alle altre province coinvolte nel progetto – Bologna, Rimini, Ferrara – hanno maggiore autonomia finanziaria nella gestione dei costi del proprio telefono cellulare, in media hanno modelli tecnologicamente più avanzati dei coetanei del resto dell’Emilia e della Romagna e nel 54,6 per cento dei casi si collegano alla rete dalla propria stanza, dato che evidenzia un uso di internet per lo più solitario. Dalle cifre emerge anche una maggiore propensione, da parte del popolo dei giovani fruitori di internet piacentini, ad acconsentire allo scambio di foto, a collegamenti webcam, a incontri diretti. Lugli ha evidenziato il ruolo chiave delle scuole nei “potenziali interventi educativi”. D’accordo Luciano Fornaroli, responsabile del servizio formazione e iniziative per i giovani del Comune di Piacenza, che ha sottolineato come, oltre al coinvolgimento degli istituti, servano anche: “Conoscenza approfondita del fenomeno, risposte specifiche che tengano conto anche delle opportunità che le stesse tecnologie offrono per il contrasto ai rischi in rete, potenziamento dei mezzi a disposizione dei ragazzi per sviluppare un sostegno personale autonomo ai rischi”.
Contributo anche delle forze dell’ordine che, con l’ispettore Michele Ercini, comandante della sezione polizia postale delle comunicazioni di Piacenza e il capitano Helios Scarpa comandante dei carabinieri di Piacenza, hanno più volte rimarcato la bassa propensione a denunciare fenomeni di cyberbullismo, che avviene solo nel 16,8 per cento dei casi.
Ercini ha spiegato che i soggetti colpiti, a Piacenza, sono sempre di più. “Nel 2010 le denunce sono state cinque, con tre minori indagati per bullismo on line. Quest’anno la tendenza è al rialzo: nei primi tre mesi dell’anno già tre minori hanno subito episodi simili”. I dati nazionali parlano di circa dieci bambini tra i dieci e i 13 anni che accettano appuntamenti con persone conosciute in rete. Il 19 per cento riceve immagini o video da utenti collegati. La polizia postale garantisce sorveglianza continua contro la pedopornografia on line e partecipa al progetto ministeriale “Non perdere la bussola”, pensato per i ragazzi delle medie e delle superiori, a cui hanno aderito anche alcune scuole piacentine.
Tra i rischi anche quello del cosiddetto “tecnostress”, derivante dall’uso troppo assiduo degli apparati tecnologici, che può arrivare fino a 10-15 ore di utilizzo giornaliero. Gli effetti: calo del rendimento scolastico, ipertensione, crisi d’astinenza. Anche i carabinieri orientano l’azione sul duplice binario della prevenzione e della repressione. “Siamo presenti – ha detto il capitano Scarpa – con stazioni su tutto il territorio: la conoscenza delle persone è fondamentale. Come Arma garantiamo la nostra massima collaborazione in tutte le iniziative di sensibilizzazione e partecipiamo al progetto nelle scuole per la diffusione della cultura della legalità, uno strumento per dare consapevolezza delle regole e non solo imporle”. All’incontro anche Arianna Alberici di Corecom Emilia Romagna, l’ente ambasciatore sul territorio regionale dell’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che ha mostrato alcuni filmati di prevenzione girati e montati da alcuni studenti emiliano romagnoli. Per William Bonacina, insegnante dell’istituto Romagnosi di Piacenza, è fondamentale che i ragazzi non percepiscano solo ed esclusivamente un atteggiamento impositivo, anche nei confronti dell’uso dei mezzi di comunicazione più moderni. “Bisogna maturare un rapporto di fiducia con i giovani – ha sottolineato in chiusura – la comunicazione è come un filo sottile che non si può spezzare”.