La “Fondazione emiliano romagnola per le vittime dei reati” si presenta a istituzioni, forze dell’ordine, mondo economico e associazionismo piacentino. Lunedì 7 marzo alle 15,30, per iniziativa dell’assessorato alla sicurezza di Maurizio Parma, in sala consiliare di palazzo Garibaldi prenderà parola il senatore Sergio Zavoli, presidente della Fondazione, per illustrarne genesi e iniziative. All’intervento del parlamentare, assai noto anche per essere stato presidente della Rai e, oggi, presidente della commissione di vigilanza dell’emittente pubblica, seguirà la relazione della direttrice Lucia Biavati e dei componenti del comitato dei garanti Sergio Jovino e Elisa Cavazzuti. Saluto introduttivo a cura dell’assessore Parma. Invitati tutti sindaci e delegati di giunta alle politiche sociali dei comuni piacentini, istituzioni, forze dell’ordine, associazioni sindacali e di categoria, mondo del volontariato e di promozione sociale al completo. La “Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati” è una struttura senza fini di lucro nata nel 2004 con l’obiettivo di fornire sostegno a coloro che sono rimasti vittime dei reati più gravi, ossia quelli che causano la morte o danni gravissimi alle persone e ai loro familiari. La Provincia e il Comune di Piacenza vi partecipano come soci fondatori (insieme a Regione, Province e Comuni di Bologna, Ferrara, Forlì, Modena, Parma, Ravenna, Reggio Emilia e Rimini). “Siamo un Paese – scrive Zavoli nella brochure illustrativa che verrà distribuita in Provincia in occasione dell’incontro – che nella sua storia ha avuto più di un motivo per coltivare il sentimento della condivisione e persino della fratellanza; e quanto più sembrino decaduti i costumi e indebolite le virtù, singole e collettive, forse per risarcirci di colpevoli cedimenti, tanto più esprimiamo, con le leggi volute dalla sensibilità del territorio, il senso della comunità, cioè del mettere in comune le risorse del civismo”. Il parlamentare sottolinea nel suo scritto che la nascita della Fondazione non è dettata solo da “un moto dell’anima”, ma anche da “quello spirito di cittadinanza che impegna a riconoscersi nella vita altrui quando si è raggiunti da una inerme e dolente richiesta di aiuto”. “Si chiama, semplicemente, solidarietà – precisa Zavoli -. Ed è una prima, contingente, risposta della famiglia sociale al disagio, alla precarietà e al dolore di quanti hanno appena patito un’offesa nel corpo e nella mente”.