Si è aperto oggi il processo a carico di un medico accusato di omicidio colposo, per la morte di Giuseppe Mutti, 85 anni, fondatore della storica azienda di trasporti. L’uomo, il 4 novembre del 2006, era stato ricoverato in ospedale in area critica dopo un malore, uno svenimento e aver vomitato sangue. Morì la mattina dopo. La procura avviò un’indagine e ieri in aula si è presentata la dottoressa Paola Rossini, assistita dall’avvocato Flavio Dalla Giovanna.
Secondo il perito dell’accusa, il medico Edmondo Pea, la causa fu un sanguinamento gastrico che portò a uno choc emorragico, una morte che forse si sarebbe potuta evitare se fosse stato fatto anche un esame gastrico.
Opposto il parere del perito della difesa, il medico Giuseppe Esposito: secondo lui non è escluso che a portare al decesso sia stato un episodio di aritmia. I segnali, secondo Esposito, c’erano tutti, a partire dai dati degli esami svolti in precedenza.
Il perito della famiglia Mutti, costituitasi con l’avvocato Carlo Benussi, ha sostenuto la tesi dell’emorragia che si poteva vedere dalla differenza di risultati di due esami di emocromo svolti in ore diverse. Inoltre, se fosse stata fatta un’endoscopia, il paziente avrebbe potuto sopravvivere. L’avvocato della difesa, ha ricordato, attraverso le dichiarazioni dei testimoni (sono stati sentiti i figli di Mutti, due infermiere e un medico) che quel giorno Rossini era l’unico medico in Area critica e che doveva seguire 17 pazienti ricoverati in medicina e 7 in “semi intensiva”.