La chiusura nei giorni scorsi in Germania di oltre 4.700 allevamenti di polli e suini a causa della contaminazione da diossina nelle uova e nei mangimi pone di nuovo l’attenzione su allarmi ed emergenze alimentari. Si tratta dell’ennesimo scandalo riguardante alimenti prodotti all’estero ed esportati in diversi Paesi. “Fortunatamente, sottolinea il presidente di Coldiretti Piacenza Luigi Bisi, grazie al pressing della nostra Organizzazione, dal 1° gennaio 2004 è entrato in vigore in Europa, per le uova, un sistema di etichettatura obbligatorio che attraverso un codice consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), allo Stato in cui è deposto (es. IT) e poi alla provincia, al comune e all’allevatore. Tuttavia, è davvero vergognoso, prosegue Bisi, che per diversi prodotti, dalla carne bovina a quella di pollo, piuttosto che per le uova l’indicazione obbligatoria dell’origine sia sempre stata introdotta dopo scandali alimentari che hanno causato gravi problemi di salute ai consumatori. Quanto tempo sarà ancora necessario e quanti altri scandali, per capire finalmente che l’origine in etichetta deve imprescindibilmente essere introdotta su tutti i prodotti? E’ quanto chiede il 97 per cento degli italiani ed è l’unica soluzione per valorizzare davvero i prodotti made in Italy”.
“Non possiamo più permettere, dichiara il presidente, che le grandi lobby industriali continuino a far passare per italiani, cibi che di italiano hanno solo la confezione. Ciò che identifica davvero l’italianità è l’origine del prodotto e non, come afferma qualcuno, la tecnologia, il know how o la ricetta. Non mi stancherò mai di ribadire, che le tecnologie e le ricette si copiano, i marchi si vendono e, quindi, se solo questi fattori garantissero il made in italy, cosa impedirebbe che le industrie si trasferissero all’estero, con tutto quello che comporta in termini di occupazione, indotto e perdita di economia per il nostro Paese?”.
L’emergenza tedesca evidenzia la vulnerabilità di un paese come l’Italia dove oltre il 50% della spesa è anonima. La Germania è il principale fornitore di latte e derivati dell’Italia con quasi 41 milioni di quintali all’anno in equivalente latte (latte, latticini e formaggi), ma che esporta nella penisola anche grandi quantità di carne di maiale, latte e uova.
“Il risultato, conclude Bisi, è che non possiamo più aspettare; in attesa dell’approvazione del disegno di legge che prevede l’indicazione obbligatoria dell’origine e che dovrà essere discusso alla Camera per l’approvazione definitiva, dopo il consenso raccolto da tutti i gruppi parlamentari al Senato, due fette di prosciutto su tre vendute come italiane sono provenienti da maiali allevati all’estero, tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori, e la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere ma chi acquista non può saperlo”.