Natale 2010:
messaggio del Vescovo
ai Piacentini
“Dite agli smarriti di cuore”: questa espressione del profeta Isaia, che risuona più volte nel cammino di avvento, è rivolta a coloro che, nel lungo esilio, avevano perso ogni fiducia. Proprio a questo popolo scoraggiato e confuso, il profeta annuncia una profonda trasformazione, non dovuta ad uno sforzo di volontà, ma grazie a un dono che ricrea l’animo e fa rifiorire la vita.
Mi sono soffermato spesso su questa espressione del grande profeta che osserva, con occhio penetrante, il suo popolo e lo vede disorientato, come perso. Credo che sia di viva attualità questo smarrimento di cuore. Ma facciamo una grande fatica a riconoscere che l’altro possa essere smarrito. E la fatica è ancora più grande per ciascuno di noi. Pare infatti che non sia più previsto lo smarrimento: non è accettabile né tollerabile. Si può sbagliare, si può trasgredire, ma non si può essere smarriti. E invece lo siamo. Qualcuno ha persino osato affermare che “il tempo dello smarrimento è circa il novanta per cento del tempo della nostra vita”. Ma non importa quantificare, importa piuttosto accogliere l’annuncio del profeta: un dono sta per arrivare e porterà a un rinnovamento profondo dell’animo.
Questo dono è la nascita di un bambino. Una nascita avvenuta duemila anni fa, in un luogo sperduto. Ma quella nascita illumina il cammino di tutti, anche di chi non ricorda neppure chi è il festeggiato. Quella nascita ridona fiducia e speranza a tutti, anche a chi non celebra il Natale. Anche se lontani, anche se distanti, anche se indaffarati, siamo tutti coinvolti nella nascita di quel bambino nella grotta di Betlemme. Chi già lo conosce, sa bene che deve conoscerlo meglio. E chi non lo conosce, può fermarsi e guardare. Forse, nello stupore, arriviamo a comprendere che quell’evento non può essere una semplice ricorrenza o un rituale più o meno gradito.
Il profeta Isaia annuncia che “il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce” e che il bambino sarà “principe della pace”. Anche questa parola è per noi, perché anche noi camminiamo nelle tenebre del dolore, nel buio dei nostri rapporti freddi e ingiusti, nei sentieri tristi dell’indifferenza.
Come ai pastori che vegliano di notte, come a quei sapienti orientali – i magi – che vengono da lontano, così anche a noi sia data la possibilità di riconoscere che quel bambino avvolto in fasce nel freddo della notte non è un estraneo, ma è vicino a ogni uomo, anche al più piccolo, al più sfiduciato, al più povero. Egli è nato perché tutti possano rinascere, come figli. È la sua missione: viene per offrire a tutti e a ciascuno la grazia di una paternità di Dio piena di amore, la forza di una speranza fondata, la gioia della luce.
A tutti noi, smarriti di cuore, arrivi la buona notizia che risuona nella festa del Natale: “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Colui che è il Figlio di Dio entra nella storia umana, si fa piccolo in un bambino appena nato, si fa povero, assume in se stesso il limite, la fragilità e la miseria di ogni carne umana. Dio si fa uomo, come noi e per noi. L’amore di Dio è tutto per noi: è il dono che fa rifiorire la vita perché infonde la speranza nel cuore.
Il Natale cristiano sia la risposta al vivo bisogno di speranza, un bisogno che è presente nel cuore di tutti, ma che è ancora più acuto nel cuore di coloro che sono feriti dallo sconforto, fino alla disperazione. Per tanti motivi, da quelli più intimi e più laceranti e che ciascuno conosce nel proprio cuore a quelli che sono ben visibili e ben noti a tutti.
È una speranza vera il Natale cristiano: Dio pone la sua tenda su questa terra per liberare l’uomo dalla paura, dalle tenebre del male, del peccato, della morte. Il Figlio di Dio viene a condividere la nostra umanità fino a salire sulla croce e donare a noi la luce e la forza della risurrezione.
Nell’affascinante e coinvolgente mistero del Natale, desidero rivolgere ancora un appello alla solidarietà. Se la speranza è il dono di Dio per noi, a nostra volta noi dobbiamo essere piccoli segni di speranza con la nostra solidarietà concreta. Sempre nella luce, nella novità di vita, nello spirito del Natale cristiano, invito a condividere la nostra umanità nella comunione e i nostri beni nella solidarietà. Di fronte all’attuale crisi economica e occupazionale, la nostra Chiesa di Piacenza-Bobbio ha subito avviato il ‘Fondo straordinario di solidarietà’. Complessivamente, oltre alle donazioni a fondo perduto, sono stati erogati 222 ‘prestiti responsabili’ per far fronte a situazioni di particolare emergenza. L’idea, semplice e umile, era quella di dare subito una mano a famiglie in difficoltà, a persone che, perso il lavoro, rischiano di perdere anche la dignità e la speranza. Quell’intuizione è sgorgata dal cuore e ha poi toccato il cuore di molte persone che l’hanno accolta e sostenuta. Ringrazio il Signore e ringrazio tutti coloro che si sono lasciati coinvolgere. Ora il ‘Fondo di solidarietà’, che ha finora svolto molto bene il suo compito, ha bisogno di crescere per venire incontro alle necessità di tanti: sono certo che i piacentini continueranno ad essere generosi. Nello spirito del Natale, diventano ancor più significativi i gesti di amore verso i nostri fratelli più bisognosi.
Porgo l’augurio più fervido di un santo Natale e di un buon Anno nuovo a tutti i piacentini e bobbiesi: la speranza rianimi i nostri cuori e rafforzi i nostri passi per camminare insieme verso la vita buona.